Inizialmente il nome del servizio doveva essere Petly, in seguito cambiato in Vetiary al raggiungimento di quello che nel linguaggio delle startup viene definito “pivot”: il cambiamento del progetto originario in seguito all’analisi delle esigenze di mercato.
Francesco Turlon
I quattro ragazzi che compongono il team sono Enrico Ceschi
(CEO), Emanuele Donà (CTO), Marco Flaborea (CMO) e Marco Palermo (CDO).
Abbandonando i rispettivi lavori e le diverse attività che svolgevano in
Italia, in un periodo economico non certo tra i migliori, i quattro startupper
sono partiti per Vilnius (Lituania) per realizzare il proprio progetto. «Ci
vuole coraggio, pazzia e tanta passione» hanno commentato i ragazzi durante
l’intervista. «Vilnius dispone di un ecosistema di startup che sta maturando
molto velocemente, non ancora arrivato a completa maturazione, ma con ritmi
lavorativi molto rapidi. Tutte e tre le repubbliche baltiche stanno creando un
“hub” (centro che connette più Startup a una rete, ndr) interessante per lo
sviluppo di questo sistema, attirando l’attenzione di investitori europei e
internazionali. Hanno molte connessioni con il mondo anglosassone, notoriamente
più avanti rispetto ad altre realtà europee».
Ma come è nata la possibilità di sviluppare il progetto
all’estero? Come hanno fatto a trovare un posto in Startuphighway,
l’acceleratore che li ospita in questo momento?
La strada passa attraverso la sottoscrizione di numerose
applications online, da Startbootcamp a Springboard (nomi di famosi
“incubatori” internazionali, ndr). Nonostante il duro lavoro e il tempo
dedicato si tratta di selezioni e passaggi rapidi e veloci, come il mondo delle
startup impone e insegna. Impegno e presenza sono richiesti al 100%: «ciò di
cui avevamo bisogno per far nascere e crescere il progetto».
Un ambiente ricco e stimolante quello che stanno vivendo gli
sviluppatori di Vetiary che, alla domanda su quale sia l’elemento decisivo
nello sviluppo di un progetto all’estero, rispondono: il network (la rete,
ndr). «Gli acceleratori forniscono quella rete di mentori e professionisti che
sanno consigliarti e metterti in crisi allo stesso tempo. L’incontro con
culture imprenditoriali più evolute della nostra e più propense al rischio fa
ragionare in maniera efficace per il progetto. In questi mesi abbiamo avuto
modo di relazionarci con persone da tutto il mondo, esperti del settore e
attori di casi di successo di rilevanza mondiale».
Questo tipo di approccio e maturazione professionale viene
poi assorbito nella pratica del lavoro quotidiano: strumenti di task
management, approccio “lean”, brief veloci e giornalieri seguiti da incontri
settimanali di valutazione del progetto (riassunto dei risultati acquisiti e
delineazione di nuovi obiettivi, ndr).
Torneranno in Italia?
Certamente. Il mercato di riferimento sarà quello italiano,
mantenendo i rapporti con il paese che ha permesso loro il lancio del progetto
e lavorando con l’obiettivo di portare il servizio in altri paesi europei.
Nell’immediato la priorità verrà data alla ricerca di investitori che credano
nel progetto per portarlo ad esprimere appieno le potenzialità intrinseche.
L’estero ha dato fiducia a questi ragazzi, ha dato loro strumenti
e sostentamento economico necessario per sviluppare il progetto: saremo pronti
a dar loro la spinta decisiva per continuare a crescere quando torneranno?