Pet | 16 giugno 2020, 12:56

Ho avuto il Covid, i miei cinque cani mi hanno salvato

Ho avuto il Covid, i miei cinque cani mi hanno salvato

In un periodo cupo e pieno di incertezze chi ha combattuto con il Covid-19 ha messo in discussione tutto quello che fino a poco tempo prima dava per scontato. Come Maria Teresa, 55 anni, di Illasi, che ha condiviso pubblicamente sui social l'esperienza vissuta in prima persona con questo invisibile nemico. 

Nonostante già dal 25 febbraio cercasse di uscire il meno possibile, sentiva che il mondo stava sottovalutando qualcosa di più grande e il 17 marzo, rispettando tutte le regole, ha cominciato a non sentirsi bene, con tosse, stanchezza e sonno. Dopo pochi giorni e alcune cure antibiotiche inutili, è arrivata la febbre e la sensazione di soffocare. Maria Teresa viene trasferita a Borgo Roma con la diagnosi di Covid-19 e tampone positivo, dove rimane in isolamento per otto giorni, seguendo una forte terapia accompagnata da sensazione di vomito, nausea, dolori addominali, inappetenza, tosse e febbre. Giorni difficili con il pensiero rivolto al marito Giordano, ai figli Alessio, Elena e al nipotino Thomas, ma anche ai suoi cinque «nasoni», tre levrieri e due meticci, tutti salvati da un destino di morte. «Lora, Tucker e Ghost arrivano da gravi situazioni di maltrattamento e la sensibilità che li contraddistingue ha giocato un ruolo fondamentale in quello che mi è successo, perché loro avevano capito tutto ancora ai primi colpi di tosse; nonostante siano dei “levrieri pantaloni”, amano fare tante passeggiate durante la giornata, ma in quel periodo, vedendomi con poco fiato e stanca, appena volevo tornare indietro lo accettavano; nella normalità, invece, non lo avrebbero mai fatto. Hanno affrontato una “sessantena” in casa senza mai lamentarsi, uscendo sullo scivolo e in giardino per i bisogni, cosa che Tucker, soprannominato “Carletto” e “Caghetto”, di 10 anni, per esempio, mai avrebbe fatto prima perché abituato a ciuffi d'erba prescelti nel primo angolo fuori casa», racconta Maria Teresa.

I GIORNI DELLA MALATTIA

Domenica 22 marzo, quando sopraggiunse l'ambulanza, Ghost, levriero greyhound di 8 anni, pianse come un matto e per tutta la notte i cinque nasoni non dormirono, cercandola in tutte le stanze della casa, soprattutto Ghost che è proprio il fantasma e avatar di Maria Teresa. «I levrieri, a differenza di altre razze, hanno una marcia in più, perché dotati di una grande sensibilità dovuta alla sofferenza passata; i senior di casa, Merlino di 17 anni (con diminutivo Obesity vista la stazza) e Chicca di 19, erano, invece, più composti. Quando sono tornata dall'ospedale, accompagnata dagli operatori vestiti di bianco, ho suonato il campanello e nonostante fossi bardata, con il pigiama di carta, un camicione verde da sala operatoria e una sorta di cappuccio, i cani hanno capito chi ero, ma si sono fermati tutti a guardare, non mi hanno assaltata, lasciandomi andare al piano superiore», spiega. 

I levrieri resque hanno un carattere dolcissimo ma pur sempre imprevedibile per situazioni che risvegliano il loro istinto predatorio, diventando un fiume in piena, «soprattutto se aizzati da Lora, galga spagnola coccolona di 5 anni, destinata a morire a sei mesi di vita in una Perrera. Ha subito tre costose operazioni alla zampa anteriore destra a causa di una malformazione congenita e di una precedente frattura. Se non li avessi, non so cosa farei, perché nel corso della vita mi hanno tirato su dalle depressioni e, nonostante la ferocia umana li abbia distrutti nel corpo e nell'anima, hanno voluto credere ancora nell'amore, assaporando con noi il significato della parola “famiglia”. Con Lora non è stato facile; per due anni non voleva saperne di rapportarsi a mio marito perché maschio, ma grazie ad un'educatrice dal terrore è passata ad amarlo alla follia», spiega Maria Teresa. Inoltre, nonostante viva separata in casa dal marito, perché positivo da settanta giorni, ringrazia questo maledetto virus: «Mi ha cambiata dentro portandomi a fare una selezione delle persone che voglio avere intorno. Cosa cambia sapere chi mi ha passato il virus? Nulla, perché non avrei potuto fare niente di diverso. Il più bel regalo è la vita, anzi la vita è vita, e le batoste ci insegnano a ricominciare» conclude.

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