Pillole di mamma | 20 settembre 2020, 13:45

Nascere al tempo del Coronavirus

Nascere al tempo del Coronavirus

Tutta colpa del Covid o dei racconti terrorizzanti sul parto da cui ormai nessuno si trattiene più? Certo se guardiamo anche al passato, nemmeno i più Grandi della Storia si sono astenuti dal farlo, anzi, già al principio si iniziò con: «Donna: Moltiplicherò i tuoi dolori e le tue gravidanze, con dolore partorirai figli». Non so se osservate anche voi la ridondanza della parola che inizia per “d” e finisce per “olore”. Per carità direte, si tratta di un testo religioso, ma non trovate che su certi temi sia di una precisione disarmante? In effetti la promessa è stata mantenuta. Gli esperti dicono che il dolore, questa parola latina che significa proprio “sentire sofferenza”, serva a far capire alla madre e al padre il valore incalcolabile che hanno le nostre creature: un metodo forte ma senza dubbio efficace. Purtroppo per noi, la parola “doglie” ha la stessa origine latina di dolore. E ho detto tutto.

So, per esperienza personale duplice, che il parto è qualcosa di magico ma anche tragico insieme, qui ne parlerò solamente con un po’ di ironia e leggerezza. Mi perdonerete ma lo faccio soprattutto per prendere in giro tutte quelle donne, eroine dei miei stivali, che sono in attesa e che sul tema “paura del parto” ti ribattono convinte: «Ma cosa vuoi che sia, l’hanno fatto tutte! Poi io ho già avuto una colica, so cosa vuol dire!». Ecco, carissima, ti assicuro che non ne hai la minima idea e non so quanto darei per vedere la tua faccia in sala parto, durante la fase prodromica, dilatante, espulsiva (scegli tu quale), quando magari minacci tuo marito di non toccarti mai più in tutta la sua vita, nemmeno con un fiore, onde evitare eventuali rischi (argh!).

Sì, perché oltre ad una bella combriccola di ormoni che vi tengono compagnia, trasformandovi da Santa Rita (la Santa dei Miracoli impossibili) a Crudelia De Mon nell'arco di venti secondi circa, c'è lui: il papà. Sempre un po’ presente/assente, vicino al lettino, lontano dal lettino; è un po’ come un vestito di macramè, quel vedo e non vedo che lascia trasparire il terrore più assoluto e la felicità più profonda insieme. Sì, perché lui è lì per sostenerci ma, se ci tiene la mano, gliela rompiamo, se ci parla dolcemente, gli urliamo contro e se ci bacia in fronte, non ne parliamo. Il ruolo del padre in sala parto d'altronde è uno solo: obbedire. Forse possono permettersi qualche sorriso ma la linea del silenzio e della devozione totale alla causa è sicuramente la soluzione migliore per tutti. Mi raccomando, non sono ammessi errori.

Se non volete correre alcun rischio, cari ometti, guardatevi bene dal pronunciare frasi del tipo: «Come sei sudata cara, ti asciugo?». Tua moglie sta partorendo, è sei ore che prova la qualsiasi per far uscire il vostro bambino, come fa ad essere asciutta e pulita come una farfalla? Non siamo sul set della pubblicità della Lines! Oppure: «Dai, amore, segui quello che ti dicono, respira come abbiamo fatto al corso». Lei il corso l’ha completamente rimosso, sta cercando di seguire la mimica dell'ostetrica ma non sta più capendo nulla, quindi silenzio! Eviterei anche le frasi troppo sdolcinate «Sei bellissima, ora ti faccio una foto per immortalare il momento»: sappiate che appena gliela mostrerete, la pagherete cara. Tappatevi le orecchie se vi manderà a quel paese o vi dirà che vuole uccidervi, o che non vorrà altri figli: sono attimi di pura follia che dovete rispettare e che, una volta passati, vi faranno vivere la gioia più sorprendente al mondo: la nascita di un figlio.

In Breve