Editoriali | 01 aprile 2021, 15:34

L'editoriale di Pantheon 120

L'editoriale di Pantheon 120

Tempo di fusioni e aggregazioni, certo. Alcune valide, altre meno. Alcune ragionate, alcune no. Alcune in buona fede, altre nell’interesse di pochi. La pandemia da Covid-19 ha accelerato quel processo apparentemente irreversibile innescato già qualche decennio fa dalla globalizzazione. La rincorsa ai mercati nazionali e internazionali ha imposto un cambio di paradigma nel pensare il modo di fare impresa, sempre più permeato dalla necessità di trovare alleanze, punti di appoggio, realtà affini per affrontare percorsi di sviluppo e crescita condivisi.

Scegliere con chi stare, o con chi iniziare un percorso nuovo, magari in posizione di subordinazione, non è facile, richiede tempo, intelligenza e visione. Spesso ci sono in ballo anni di storia, prestigio in parte decaduto, persone legate a un passato che nella stragrande maggioranza dei casi non può ritornare.

Scegliere, però, è necessario. E lo si può fare tenendo conto di alcuni parametri che non sono solamente quelli economici e finanziari, ma anche territoriali. Sì, territorio, proprio questa parola inflazionata, abusata, generalizzata, utilizzata in mille contesti, spesso derisa e sminuita, ma utilizzata. E ci sarà evidentemente un perché.

Siamo tutti legati al nostro territorio, al luogo in cui nasciamo, in cui cresciamo, in cui stringiamo relazioni, e ci dispiace tremendamente quando nelle variabili che portano a una aggregazione o a una fusione, questa voce venga completamente ignorata.

È successo di recente col caso Cattolica Assicurazioni quando alle 7.36 del 25 giugno 2020 un comunicato congiunto tra la società di Lungadige Cangrande e Assicurazioni Generali annunciava, all’insaputa degli oltre 18 mila soci veronesi, l’ingresso piuttosto ingombrante del Gruppo triestino nella compagine scaligera. «Un affare», «una scelta di grande visione», «un’opportunità di crescita per Verona» i commenti a caldo riecheggiati dai palazzi scaligeri. Nessuno si è posto però la domanda più importante: che fine farà la rete capillare composta da 1.400 agenti e di conseguenza quale sarà il destino dei 1.800 dipendenti presenti, appunto, sul “territorio” veronese?

Questo mese su Pantheon abbiamo voluto sottolineare la bontà dell’operazione portata a termine da Cantina Valpantena e Cantina di Custoza, due società cooperative veronesi che proprio di fronte alle sfide della globalizzazione, e della pandemia, hanno scelto di mettersi assieme con una conformazione del tutto complementare, ponendo al centro gli interessi - in primis - dei soci (quasi duemila) e delle loro famiglie.

Certo, direte, due cantine di vini non sono mica due gruppi, pardon, colossi assicurativi come Cattolica e Generali. Vero, ma non sempre contano le dimensioni. Spesso conta di più l’anima di certe operazioni, la loro condivisione con chi per decenni ha creduto (come nel caso di Cattolica), ovvero i soci stessi. Si poteva scegliere una strada diversa. Più di cuore, certamente non nostalgica, rispettosa della città e delle sue persone.

«È necessario unirsi, non per stare uniti, ma per fare qualcosa insieme». (Goethe)

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