Arriviamo al Teatro Astra di San Giovanni Lupatoto e li vediamo arrivare subito: sono una quindicina tra ragazzi e ragazze. Sono sorridenti, scherzano tra di loro come si conviene alla loro età. Ci vedono arrivare e ci salutano timidamente (chi più e chi meno) e si sistemano in attesa di indicazioni per la foto. Hanno tra i 18 e i 26 anni e riuscire a farsi ascoltare, nella frenesia del momento, è difficile anche per il loro referente, il regista veronese Matteo Spiazzi. Infine arriva il lampo di genio: invece di pose plastiche e scontate, gli chiediamo di riproporre una scena del loro spettacolo, “Le Troiane da Euripide”, e il gioco è fatto. Sono tutti concentrati, quando scatta il “click” della macchina fotografica, i ragazzi del progetto teatrale umanitario “Stage for Ukraine”, nato tra fine febbraio e inizio marzo per volontà del regista veronese Matteo Spiazzi e della coreografa Katia Tubini.
IL PROGETTO
Il progetto, di cui si è raccontato tanto nei mesi scorsi, è nato sull’aereo di ritorno da Kiev, dove Spiazzi e Tubini si trovavano per il debutto dello spettacolo “Le Bal” al Teatro Nazionale Accademico dell’Operetta. L’obiettivo era duplice: permettere ai giovani studenti delle accademie d’arte drammatica di Kiev di continuare a studiare in Italia e metterli al sicuro dalla guerra. Da allora sono passati nove mesi e il progetto si è ampliato giorno dopo giorno, arrivando ad aiutare decine e decine di ragazzi e ragazze ucraine. Chi è rimasto a San Giovanni si trova lì perché non ha alternative, ma molti di loro hanno iniziato una nuova vita lontano da Verona: alcuni sono entrati in compagnie teatrali o accademie prestigiose; altri stanno cercando ancora la loro strada e presto, ne siamo certi, la troveranno. Nel frattempo si danno da fare per vivere in una nuova normalità, fatta di prove teatrali, sogni e speranze per il futuro.
«Questo progetto, inizialmente, ha visto i numeri crescere fino ad arrivare a più di una cinquantina di ragazzi. – spiega Spiazzi - Io, Davide De Togni e Katia Tubini ci siamo trovati a gestire una situazione davvero molto complessa, sia per quanto riguarda tutte le pratiche burocratiche legate ai permessi, che dal punto di vista dell’ospitalità, dato che molti di loro erano ospiti a casa nostra. Poi abbiamo avuto l'aiuto di Caritas, dei padri Stimmatini e dell’Educandato agli Angeli, che ha accolto i minori non accompagnati, evitando che venissero divisi e mandati in centri diversi. Sono state tante anche le accademie che hanno accolto i ragazzi in giro per l’Italia. Questa estate, però, il problema si è ripresentato perché le accademie chiudevano per il periodo estivo. Quindi grazie ai padri Stimmatini e al parroco di Lughezzano siamo riusciti a trovare delle residenze per i ragazzi. E in estate siamo riusciti a mettere in piedi lo spettacolo “Le Troiane da Euripide”, che ha debuttato qui al Teatro Astra e avrà una replica il 5 dicembre».
Col passare del tempo, però, la situazione è cambiata: molti dei ragazzi ospitati sono tornati a casa per proseguire gli studi e stare vicino alle proprie famiglie: «Dall’estate la metà dei ragazzi che erano qui con noi sono voluti tornare in Ucraina nonostante le difficoltà, mentre altri sono rimasti e si sono trovati un lavoretto estivo e poi hanno ripreso gli studi nelle varie accademie. – continua Spiazzi - Per loro adesso è psicologicamente molto difficile perché hanno parenti o genitori in una situazione a dir poco disastrata e vivono con l'apprensione che possa succedere qualcosa. Sono ragazzi forti con una grande caparbietà, ma sono stati privati da un giorno all'altro del loro futuro e si trovano in un Paese straniero che non hanno scelto e devono lottare con loro stessi per trovare la forza di riuscire a riprogrammare la loro vita e questo non è assolutamente facile. Noi vogliamo dargli un po’ di normalità».
LA STORIA DI HLIB
Quando chiediamo di parlare con qualcuno di loro, Matteo ci fa conoscere due ragazzi e una ragazza. Tutti e tre si raccontano in inglese, cercando le parole più giuste per rispondere alle domande che gli poniamo e spesso, ci rendiamo conto, non è facile. Iniziamo a parlare con Hlib, uno studente di recitazione che, come diversi ragazzi del gruppo, ha compiuto la maggiore età qui in Italia e lontano dai suoi cari, che sono rimasti nella regione del Donbass.
«Sono arrivato in Italia il 12 di marzo, tre settimane dopo lo scoppio della guerra. – ci racconta – La mia famiglia è rimasta là: quando è iniziata la guerra mio padre è stato chiamato alle armi dai russi e ora sta combattendo contro gli ucraini, anche se non vorrebbe. Il problema è che tutti gli uomini nei territori occupati sono stati obbligati dai militari russi a combattere per loro, altrimenti verrebbero uccisi. Mi sento male per quello che sta succedendo. Quando ero a Kiev sentivo il rumore delle bombe, degli spari in strada. Ora che sono in Italia da otto mesi mi sono dimenticato come era vivere in quella situazione. Qualche giorno fa c’è stato un nuovo bombardamento a Kiev e ho chiamato un’amica che si trova là: lei stava piangendo e urlando e mi stava dicendo che era spaventata perché non sapeva cosa fare, non aveva da mangiare, ma non poteva uscire a causa delle bombe. Mi sono sentito impotente».
Quando gli chiediamo se abbia un sogno nel cassetto, ci risponde senza indugi: «Sì, ho un grande sogno. Prima, quando ero a Kiev, volevo diventare un grande attore, ma adesso è tutto passato in secondo o terzo piano. Ora voglio solo riunirmi con la mia famiglia: studiare e lavorare qui per poterli poi aiutare a scappare».
LA STORIA DI MARKO
È la volta di Marko, uno studente di regia di 20 anni, che viene da Zaporizhzhia. Il suo tono è più nervoso di quello di Hlib e si tormenta le mani mentre ci racconta la sua storia.
«Sono arrivato qui in Italia a fine maggio. I miei genitori vivono ancora là con mia sorella, che ha 10 anni. – ci spiega – Al momento hanno elettricità per due ore al giorno e la città spesso viene bombardata. La situazione è brutta, ma credo che ci si debba concentrare non sulla distruzione, ma sulla ricostruzione, quando sarà il momento. Parlo in senso psicologico, non fisico.
Gli chiediamo come si trova in Italia: «Qui vivo bene, mi piace l’Italia, anche se non in inverno perché è umido (ride, ndr). Le persone sono gentili e calorose».
Lo incalziamo e gli chiediamo se ha dei sogni nel cassetto. All’inizio è titubante, non sa se raccontarcelo. Poi inizia a parlare, ma si blocca e ride imbarazzato: «perché mi sono dimenticato l’inglese?». Alla fine ritrova la parola: «Ho due sogni: il primo è diventare un regista famoso. Il secondo riguarda la politica: vorrei studiare politica e spiegare alle persone come funziona. Nel frattempo scrivo anche poesie: scrivere mi aiuta a sentirmi meglio, è come fare psicoterapia».
LA STORIA DI DIANA
A chiudere il cerchio è Diana, una studentessa di recitazione di 18 anni (anche lei compiuti qui in Italia), che viene da Ivano-Frankivs'k, città sotto Leopoli.
«Anche la mia famiglia è rimasta là: mio fratello ha 23 anni ed è un soldato, combatte con gli ucraini. Mia sorella, invece, ha 10 anni. Qualche settimana fa sono tornata in Ucraina per un breve periodo e ho fatto loro una sorpresa. Mentre ero là non c’è stata acqua ed elettricità per tre giorni, ma sono stata molto contenta di tornare, anche se faceva davvero freddo (ride, ndr)».
«La situazione è difficile, ovviamente. – ci racconta – Sentivo le bombe, ma ero contenta di essere con la mia famiglia. Mio fratello mi ha sempre detto che sarebbe andato tutto bene e che dovevo vivere la mia vita».
Alla fine le chiediamo se si ricorda i primi giorni della guerra: «Sì, ricordo che ero a Kiev il 22 di febbraio e mio padre mi aveva detto di tornare a casa, ma io volevo restare lì perché ero convinta che sarebbe andato tutto a posto. Lui alla fine mi ha costretta a tornare nella mia città e il giorno dopo è scoppiata la guerra. Sono cadute sei bombe vicino a noi, perché abitiamo vicino all’aeroporto. Eravamo scioccati».
Le domandiamo se si trova bene in Italia e se ha qualche sogno nel cassetto: «Mi piace vivere qui, sono tutti gentili e adoro Verona. Mi manca molto il mio Paese, ma capisco che qui posso crescere: presto andrò a studiare alla Scuola di cinema di Roma. Ho molti sogni: prima di tutto voglio che mio fratello si riprenda, visto che è in ospedale. Poi voglio fare la mia musica. Magari un giorno…».
Chiunque volesse sostenere finanziariamente il progetto, può farlo con una donazione alla scuola di danza
A. S. D. Les Petits Pas con la causale “donazione Stage for Ukraine”
al seguente IBAN: IT92U0306967684510777287138