Editoriali - 07 dicembre 2022, 12:04

L'editoriale di Pantheon 139

L'editoriale di Pantheon 139

Ricordo come fosse ieri quando all’inizio dell’avventura editoriale nata con Pantheon, eravamo nel 2008, incontrai per una delle mie primissime interviste un giovane fisico veronese, impegnato in diversi centri di ricerca per in Italia e all’estero per studiare modelli previsionali sulle variazioni globali del clima.

Il fisico in questione si chiama Matteo Zampieri, è originario di Lugo di Grezzana, e ogni volta che sento parlare di cambiamenti climatici e degli effetti che questi stanno provocando sul pianeta, penso a lui. Dal 2002 Zampieri concentra il suo lavoro nel campo della meteorologia e, appunto, del clima. In quel primo incontro, risalente a quasi 15 anni fa, mi mise davanti agli occhi tre scenari possibili che si sarebbero potuti verificare al 2100 se fossimo riusciti o meno, in breve tempo, a contenere l’innalzamento medio delle temperature. Un primo scenario, oggettivamente impraticabile, con l’abbandono totale delle fonti di inquinamento (un ritorno al Medioevo tanto per capirci), che avrebbe mantenuto lo stato attuale delle cose in termini di surriscaldamento; uno scenario intermedio, piuttosto sfidante, che ci permetterebbe di contenere le temperature medie entro il grado e mezzo, massimo due (che è poi l’obiettivo sancito con l’Accordo di Parigi del 2015); e un terzo scenario, devastante, apocalittico, che si sarebbe verificato se avessimo proseguito allora come niente fosse, ignorando qualsiasi tipo di azione di contenimento. Ricordo ancora ciò che accadrebbe se le temperature medie superassero i due, tre, arrivando ai quattro gradi centigradi di media. Vi risparmio l’incubo.

«Perché non se ne parla?» Chiesi a Zampieri. «I giornali tralasciano ciò che potrebbe provocare panico, ma la necessità di parlare di questi temi c’è ed è urgente» mi rispose, parola più o parola meno. Lo incontrai nuovamente nel 2018 al Joint Research Centre, con sede ad Ispra, sul Lago Maggiore, e gli dedicammo la copertina di questo giornale per tornare a ribadire, come diceva il titolo di quell’edizione, che “il riscaldamento globale è una cosa seria”.

All’indomani di una Cop 27 che si è tenuta in Egitto lo scorso novembre e che ha partorito l’idea di risarcire i paesi sfruttati, in particolare quelli africani, dai paesi ricchi e sfruttatori per i danni provocati all’ambiente, ma che ha glissato clamorosamente su una revisione al ribasso dei piani e delle azioni di contenimento del surriscaldamento terrestre, riteniamo sia ancora più urgente dare spazio a queste tematiche, talvolta poco percepite dalle persone, le cui conseguenze però le paghiamo tutti i giorni e le pagheremo in futuro.

Anche per questo, nel nostro piccolo, come Verona Network, ci impegniamo a fare informazione sui temi ambientali e in questo dicembre lanciamo un nuovo bisettimanale multimediale, dal titolo “Italia sostenibile”, che mette al centro le storie, i progetti, le buone pratiche di sostenibilità per credere che un cambiamento reale possa essere finalmente avviato.

Utopia? No. Realismo piuttosto. O si cambia o il terzo scenario che mi mostrò Zampieri, e che vi ho risparmiato, sarà una certezza.

 

L'unico motivo per cui il riscaldamento globale sembra inarrestabile è che non abbiamo ancora provato a fermarlo

 

 

Gregg Easterbrook

 

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