Storie di persone | 15 dicembre 2022, 16:57

Luca Pizzini: non solo muscoli

Il nuotatore veronese, 33 anni compiuti ad aprile, può contare sull’esperienza e su un fisico che ancora gli permette di coltivare un sogno nel cassetto: partecipare alle Olimpiadi di Parigi 2024.

Luca Pizzini: non solo muscoli

Ce lo ricordiamo a bordo vasca e sorridente sulla copertina numero 94 di “Pantheon Magazine”. Luca Pizzini, da quell’ottobre 2018, di strada ne ha fatta ed è cresciuto come atleta e come persona, perché alla fine, per nuotare (nella vasca e nella vita), non servono solo i muscoli, ma anche il cuore che «negli ultimi metri è fondamentale». E poco importa se ormai non è più un ragazzino: il nuotatore veronese, 33 anni compiuti ad aprile, può contare sull’esperienza e su un fisico che ancora gli permette di coltivare un sogno nel cassetto: partecipare alle Olimpiadi di Parigi 2024. Nel frattempo, un altro sogno lo ha realizzato a inizio novembre, diventando papà del piccolo Leonardo, che definisce con orgoglio la sua «vittoria più grande».

Come ti sei avvicinato al nuoto?

La prassi di un nuotatore è l'avvicinamento all'acqua tramite i genitori da bambini. È stato così anche per me quando avevo due, tre anni. I miei genitori per farmi imparare a nuotare mi hanno buttato in acqua per fare i corsi di nuoto che fanno tutti. Poi io ero abbastanza bravo e ho saltato alcuni corsi: sono passata alla pre-agonistica, poi agonistica e così via.

Come sei riuscito a costruire la tua carriera? Ci sono stati dei salti di qualità importanti nel corso degli anni…

Sì, ci penso ogni tanto e ho notato che i salti di qualità che ho fatto nella mia carriera sono stati al cambio allenatore e il cambiamento probabilmente per me è stato quel gradino d'aiuto che mi ha fatto fare quello stato in più.

Quanto è importante l’allenatore?

È fondamentale: tu ti devi fidare di lui e lui si fida ciecamente di te, almeno in acqua (ride, ndr).

La tua specialità è lo stile “rana”. Te lo devo chiedere: quando vai al mare e vedi le persone che sono convinte di nuotare “a rana”, cosa fai?

(ride, ndr) mi giro dall’altra parte di solito! Diciamo poi che la “rana” è lo stile più tecnico e si vede subito se uno ha passato del tempo in acqua a nuotare a rana oppure no. Questo perché ci sono delle fasi di spinta e di recupero delle braccia e delle gambe che se non le gestisci bene ti riducono il movimento.

Come sei arrivato a scegliere questo stile?

Torno al discorso dell'allenatore: l'allenatore che avevo all'epoca, quando ero esordiente a 7 o 8 anni, ha visto che avevo una propensione per la “rana”. Poi io da piccolino ho fatto tutte le gare che c’erano, e aveva visto che nella rana vincevo più gare che nelle altre.

Ci si abitua mai alle gare?

C'è chi ce l'ha dentro e c'è chi ci si abitua. Secondo me ti ci abitui, però poi è difficile disabituarsi: quando provi certe sensazioni di nuotare come vuoi tu, di fare le cose che vuoi, magari viene fuori la gara che vuoi te e con il piazzamento che volevi...ho la pelle d’oca a pensarci. Ti vien voglia di riprovare quelle sensazioni.

Qual è la gara che ti è più rimasta nel cuore?

Non ce ne sono tante, però ce n'è più di una: quando ho preso la medaglia agli Europei o la semifinale mondiale del 2017, dove ho abbattuto il primo muro dei 2 minuti e 09, che era un limite invalicabile e nonostante la gara non fosse andata come volevo io, perché mi sono piazzato nono e per 15 centesimi ho saltato la finale. Quindi ti ricordi le cose belle: le medaglie, i piazzamenti, la sensazione di gara che avevo nel 2018, e ti ricordi anche le cose brutte che comunque sono quelle che ti aiutano a crescere.

Arrivato adesso a 33 anni, con questa carriera alle spalle, qual è il tuo futuro?

Sono diventato papà da tre settimane, quindi il mio futuro sarà sicuramente fare il papà e l'indirizzo per i primi mesi sarà sicuramente quello di aiutare mia moglie a casa e aiutare il piccolo, ma continuerò a nuotare. L'anno prossimo ci saranno i mondiali a luglio e avrò le qualificazioni ad aprile, poi l'anno dopo ci saranno ancora le Olimpiadi. Sono sogni importanti e parlo di sogni perché nel 2024 avrò 35 anni, quindi sarà complicato, però…perché no?

Quanto è importante l’età per un nuotatore?

Andando avanti con l'età la senti la fatica. Vedo in allenamento le differenze di tempi. Da quando avevo 25 anni le cose sono cambiate. Poi ovviamente arrivi a un certo punto in cui la prestazione fisica cala ed è fisiologico. Spero che per me cali più in là possibile, perché ancora mi diverto molto ad allenarmi e a fare le gare.

E a livello psicologico, quanto è importante la testa?

Sono quattro le cose fondamentali: il talento, l'allenamento, la testa e il cuore, perché quello negli ultimi metri ti aiuta a passare il limite. Il talento o ce l'hai o non ce l’hai. L'allenamento, fai quello che ti dice allenatore o si cerca di mediare con quello che vuoi fare tu. Però se non hai la testa non vai da nessuna parte.

Tuo figlio lo butterai in acqua appena sarà un po’ più grande?

Beh sicuramente deve imparare a nuotare (ride, ndr) e farlo decentemente. Poi se vorra intraprendere una carriera nello sport del nuoto io sarò contentissimo, se non vorrà lo accompagnerò dove vorrà andare.

Giorgia Preti