Ricordare l’artista Dario Ballini nel decimo anniversario dalla morte, ci è sembrato doveroso. Anzitutto per quanto ha amato il suo paese di origine, Grezzana. Da ragazzo ha condiviso, nel brolo di Villa Arvedi, con l'amico Eugenio Turri, la passione per il “paesaggio come teatro”, partendo da quello della Valpantena di cui, anche da adulto, dalla sua casa tra gli olivi, ha seguito “la sua confusa trasformazione”, senza peraltro mai staccarsene. A lui va, anche per questo, un grazie.
Dario Ballini ha sempre avuto una tempra forte, molte idee e anche un po’ di fortuna (che gli è stata spesso accanto) e si è adoperato per migliorare Grezzana, dove nel 1964 si è sposato con Marcella Veronesi, che gli ha dato due figli: Chiara e Francesco. Suo è il progetto del monumento dei caduti (datato 1956) - traslato da Piazza C. Ederle a Piazza Renato Gozzi il 4 novembre 2007 - i cui simboli sono tuttora molto significativi, come aveva spiegato: «il bassorilievo dell’ara raffigura le donne che piangono i figli caduti a similitudine di Cristo, sulle altre due facciate i nomi dei caduti, la sfera simboleggia la perfezione che i caduti con il loro sacrificio hanno raggiunto e le architravi, che compongono il parallelepipedo triangolare, rappresentano la Trinità».
Negli anni Cinquanta a Lugo ha avviato la scuola per i marmisti, mentre sempre a Grezzana, alla fine degli anni Settanta, fu tra i fondatori del C.E.A, Centro di Educazione Artistica «per offrire alle ragazze/i, dai 6 ai 18 anni. che non facevano sport, l’opportunità di incontrarsi, imparando danza classica, musica e pittura». Suo anche il progetto di togliere dal degrado la chiesetta di San Micheletto e, attraverso la donazione e il restauro, restituirla alla comunità. Dario oltre che un artista era un esteta. Ha vinto il suo primo premio nazionale quando frequentava le elementari, con un disegno sul paesaggio. Riconoscimento che segnò l'inizio della sua carriera artistica. Frequentò il liceo artistico e la facoltà di architettura a Venezia.
La morte prematura del padre lo costrinse a ritirarsi e a cercare lavoro. Dal 1949 al 1959 insegnò disegno e discipline artistiche nelle scuole medie. Un’arte, quella dell’insegnamento, che gli ha permesso di tenere una cattedra anche all’Università Permanente di Verona. Nella vita lavorativa Dario fece anche altro: nel 1960 diventò amministratore della Litomarmi di Stallavena, mentre nel 1967 entrò nel Gruppo Veronesi, all'Aia, poi assunse la direzione della So.Ge.Ma., dove rimase fino alla pensione. Questo non gli ha impedito di diventare socio della Società Belle Arti Verona, tanto che nel 1997 venne nominato presidente dell'Accademia di Belle Arti «G.B. Cignaroli» e, alla scadenza del mandato (2002), divenne presidente della SBAV. Nella sua carriera artistica, Ballini è cresciuto lontano dalle mode. Vittorio Sgarbi lo ha definito «uno straniero dell’arte per la sua naturale spontanea poesia cromatica, che non si iscrive in nessuna norma.
I suoi “paesaggi fantastici” sono emozioni senza elementi riconoscibili, come memorie di un sogno». La produzione artistica di Ballini è stata considerata dalla critica «pittura come poesia». Risale al 1978 la sua prima mostra personale alla galleria San Benedetto di Brescia, a cui ne sono seguite una quindicina. Tra queste, un’antologica a Nimes, un’itinerante in Messico (1998) e nel 2011 alla Gran Guardia. Qui, nelle sue centoventi opere, i critici hanno sottolineato «il tratto essenziale della sua arte: l’associazione tra pittura e poesia, un accostamento costante in tutto il suo percorso creativo». Una trentina le mostre collettive a cui ha partecipato, in Italia e all’estero.
Le sue ultime opere «Le fustelle» e i «Fantasiosi legni» sono oggetti realizzati con materiali che, finita la loro funzione originaria, sono stati rivitalizzati attraverso l’arte. Coloratissimi anche parecchi cataloghi di Dario Ballini, suo anche il coordinamento del libro «La Pieve di Grezzana», pubblicato dalla parrocchia nel 2010.