Storie di persone | 13 febbraio 2023, 10:00

Pietro Barba: «Vi racconto la mia Hollywood»

Pietro Barba: «Vi racconto la mia Hollywood»

Da Verona a Los Angeles, solo andata. Il ritorno? Non pronosticato. O, almeno, non definitivo. Le idee, Pietro Barba, veronese classe 1997, ce le ha ben chiare: la sua propensione per il cinema e la scrittura lo hanno portato, a soli 21 anni, oltreoceano, nella città degli angeli e di Hollywood, dove, da quattro anni, si sta costruendo una carriera nel mondo della settima arte. Editor e regista, Pietro è riuscito a integrarsi in un mondo così diverso da quello italiano (e veronese), una fucina di idee, ma anche di sfide, di porte che si chiudono in faccia, ma anche di opportunità da cogliere al volo.

La tua passione per il cinema come è nata, Pietro?

Questa passione, in realtà, inizia dai primi anni del liceo. Avevo comprato la mia prima telecamera e insieme ai miei amici avevamo iniziato a creare dei piccoli cortometraggi da mostrare in classe. Anche i miei professori mi hanno sempre spronato a creare materiale video e questa spinta, anche dai miei familiari, mi ha portato a cercare di vedere il mondo dal punto di vista visivo. Ricordo di aver capito che il cinema era la mia vocazione quando ho visto “Forrest Gump”. Mi sono detto: “Quello che voglio fare è raccontare storie che la gente non è capace di sperimentare direttamente”.

Quando hai deciso di partire per Los Angeles?

Finito il liceo, venendo da una famiglia di medici, ero molto indeciso se tentare medicina o seguire la passione. Ho fatto il test d’ingresso e non sono riuscito a entrare all’università. Poi ho avuto la fortuna di entrare in una compagnia veronese, Bentobox, che mi ha formato per un anno e mezzo. Dopodichè è arrivata l’occasione di andare a studiare a Firenze per una succursale della New York Film Academy di Los Angeles. Ho fatto un corso di tre mesi e lì ho preso la decisione, anche grazie a una borsa di studio, di andare a Los Angeles e continuare il mio percorso di studi in cinema.

Come è stato iniziare un’avventura così lontano da casa a soli 21 anni?

È stata un'esperienza che ha avuto i suoi alti e bassi. Mi sono ritrovato in una città gigantesca, perché Los Angeles è una regione più che una città: soltanto per arrivare al mare da dove sono io, a Santa Monica, ci vuole un’ora e mezza di macchina, quindi devi sapere come muoverti. Mi ci sono voluti almeno due anni per riuscire a capire dove andare, dove conoscere gente, come fare networking. La cosa incredibile di Los Angeles è che da un momento all'altro puoi conoscere una persona che ti apre un nuovo mondo, ti dà nuove opportunità lavorative.

Ora stai lavorando come editor e regista. Ma hai deciso qual è la tua strada?

Ora sto cercando di costruirmi questa strada dal punto di vista di editor, che è una cosa che molta gente fa: ovvero specializzarsi in un settore e poi, una volta arrivati ad avere una compagnia che si occupa di fare editing, iniziare a creare progetti da regista e scrittore. Però ora sono focalizzato nello sviluppare questa agenzia di editing e sono proprio agli inizi, collaboro con tre agenzie.

Hai un regista preferito, che prendi come modello?

Ci sono molti registi. Tra i miei preferiti ci sono Sorrentino, Kubrik, Tarantino e Gaspar Noé. Tutti generi molto diversi, ma simili dal punto di vista psicologico: c'è uno studio molto particolare dei personaggi, che è una cosa che sia dal punto di vista di editing che dal punto di vista registico mi ha sempre affascinato, ovvero la psicologia di un personaggio.

Ti manca Verona?

Sì, mi manca. Un fatto che mi fa veramente capire quanto mi manca la città è che la storia che sto scrivendo in questo momento, che è il mio primo lungometraggio, è basato a Verona, quindi so già che si girerà nelle strade in cui sono cresciuto e spero di farlo al più presto. Nel mentre sto lavorando a quattro film, due lungometraggi e due cortometraggi, che vedranno la fine nei prossimi mesi.

Pensi che tornerai mai in Italia?

Se devo immaginare ora come ora il mio futuro, mi immagino un “avanti e indietro”. Sono sicuro che dal punto di vista di editing, i progetti ai quali sono interessato a lavorare, si sviluppano a Los Angeles. Ma quando si tratta di regia, sono dell'idea che mi piacerebbe produrre in Italia e vendere qui in America, anche perché il mercato cinematografico americano ha bisogno di nuovi input e credo che l’Italia sia capace di dare queste nuove sensazioni. Sono convinto che questo sia un probabile futuro.

 

Giorgia Preti