È un amore viscerale, quasi innato, quello che provano i tifosi di calcio per la propria squadra del cuore. Qui a Verona, forse, è più evidente che in altre città italiane. L’Hellas, come spesso si sente dire dai tifosi, non è una squadra, è una fede. E, di conseguenza, chi ci crede lo fa fino in fondo. Ma c’è anche chi, come Massimiliano Tezza, non si limita a tifare Hellas Verona: ne colleziona anche le maglie. Non stiamo parlando di numeri modesti, di un collezionista dell’ultima ora, ma del frutto di decenni di ricerche, relazioni, incontri, per un totale di circa 260 maglie: da quelle storiche dello scudetto fino a quelle più recenti. Una passione quella di Massimiliano - originario di Lugo di Valpantena e ingegnere di professione – che è diventato un secondo lavoro, ma che, allo stesso tempo, gli ha regalato molte emozioni. L’ultima è stata la mostra organizzata dalla Lega dei Collezionisti a Bologna, durante la quale è stato presentato il libro “Un amore chiamato calcio”, dove ogni collezionista ha raccontato, tramite i suoi cimeli, la storia della propria squadra. Forse non serve dire che Massimiliano ha curato la sezione dedicata all’Hellas Verona. Il risultato? Un successo.
Come è iniziata questa tua passione per il collezionismo?
Io andavo già allo stadio con mio padre nei primi anni ’80, poi cominciai a seguire il Verona nelle trasferte, quindi a raccogliere le maglie durante le trasferte, perché quelle poche volte che vincevano i giocatori lanciavano le maglie ai tifosi e io, sfruttando anche la mia altezza, riuscivo a prenderle e mi facevo il viaggio di ritorno a casa come se avessi un trofeo in mano. E la passione si è poi trasformata in collezionismo. Io dico che è un lavoro tante volte perché bisogna starci dietro, ci son tante variabili e le maglie non cascano dal cielo: bisogna avere un po’ d'occhio e avere fonti certe, perché il raggiro è sempre dietro l'angolo.
A fine del 2022 eri presente a Bologna per una mostra insieme alla Lega dei Collezionisti. Di cosa si tratta?
Semplicemente si sono uniti i puntini. Ecco che dal raccogliere le maglie, dalla collezione, dallo scrivere il precedente libro (“La maglia gialloblù”, ndr), ho conosciuto in dieci anni tantissimi collezionisti italiani, persone serie e veramente in gamba che collezionavano Roma, Napoli, Milan, Inter, Juve, Sambenedettese, Udinese, Parma e così via. Due anni fa hanno voluto creare questa Lega dei Collezionisti e hanno chiamato me come portavoce di Verona ed è uscito a dicembre questo libro che si chiama “Un amore chiamato calcio” e lo abbiamo presentato a Bologna durante la mostra dei cimeli: c’è chi ha 10mila gagliardetti, biglietti, palloni, cartoline, articoli di giornale. Tutto si può collezionare.
Qual è il cimelio più importante per te?
Direi quello di quando è nato tutto. È la prima maglia che ho preso nel 1998, durante la partita Reggina-Verona, terminata 0-0. I tifosi erano in una gabbietta e io per prendere la maglia mi sono arrampicato tagliandomi le mani. Ho fatto il viaggio di ritorno felice come se avessi vinto io. Da lì è nata la passione, quindi è una maglia che ha un valore più affettivo che economico.
E quello più costoso?
Tante persone chiedono quanto può valere una maglia. Non esiste un listino prezzi, però puoi trovare anche gente pazza che è disposta a spendere cifre folli. Le maglia degli anni ’80 hanno un valore, per come sono fatte, per quello che rappresentano. Non c’è un valore preciso, si cerca di definirlo tra collezionisti. Anche i numeri sono diversi: un 11 è più particolare di un 15.
Se invece dovessimo parlare del rifiuto più frustrante che hai ricevuto?
Per me un rifiuto non è un rifiuto. Io chiedo e le risposte che ricevo non le prendo come rifiuti. Tante volte le maglie mi vengono regalate dagli stessi calciatori – con alcuni di loro ho un bel rapporto, come con Giampaolo Pazzini -, ma tante le recupero da altre persone e c’è chi mi dice di no, perchè quella maglia gli ricorda quando il padre andava allo stadio oppure quando andava allo stadio da piccolino. Ed è la stessa cosa che provo io nel collezionare, quindi non mi permetto di essere pressante. L’importante è che la maglia venga valorizzata dal tifoso e che non venga persa o dimenticata.