L’eurodeputato leghista, originario di Negrar, ha iniziato la sua avventura a Bruxelles nel 2010 come assistente dell’attuale presidente della Camera dei deputati, Lorenzo Fontana. Con più di 37mila preferenze, nel 2018 è stato l’unico veronese eletto al Parlamento di Bruxelles. Parlamento che si trova ora nell’occhio del ciclone a causa del presunto scandalo di corruzione scoppiato lo scorso dicembre: alcuni membri ed ex membri dell’aula avrebbero ricevuto “mazzette” provenienti da Qatar e Marocco, in cambio di posizioni più accondiscendenti nei dossier riguardanti quei Paesi. Borchia ci ha spiegato cosa sta succedendo in questi giorni nella capitale d’Europa.
Onorevole Borchia, lei lavora al Parlamento europeo da oltre dieci anni. Quale sentimento ha provato quando è venuto a sapere dell’inchiesta della magistratura belga?
Sicuramente c’è stupore. Per chi come me in questo Parlamento ha fatto la gavetta e ci lavora da tanti anni, assistere a uno scandalo di questo tipo fa male, perché da un lato va a inficiare la credibilità delle istituzioni, dall’altro dà una pessima immagine del lavoro che viene fatto in quest’aula. Chiaramente c’è chi lavora meglio, chi si impegna di più, ma rimane comunque difficile spiegare ai cittadini europei quello che è successo.
È preoccupato per la possibilità che alcuni dossier su cui ha lavorato l’Eurocamera siano stati influenzati indebitamente?
Si, penso che si aprano degli scenari inquietanti sulle possibilità che alcuni governi hanno di interferire sul processo decisionale dell’Unione. Se poi analizziamo la vicenda in maniera più distaccata, viene da chiedersi se i corruttori abbiano investito bene i propri soldi, perché stiamo parlando di risoluzioni che da un punto di vista legislativo non hanno valore. Anche se, da un altro punto di vista, queste risoluzioni spesso vengono utilizzate da Paesi terzi come cartine tornasole, per legittimare le proprie politiche con il gradimento delle istituzioni europee.
Qualcuno l’ha chiamato italian job, qualcun altro socialist job. Secondo lei è una vicenda che si può circoscrivere a un Paese o a un gruppo politico?
Non voglio né fare il buonista né strumentalizzare. Non credo esistano partiti onesti, credo esistano persone oneste. Sarebbe troppo facile attaccare ora i socialisti, il Partito Democratico, ma c’è bisogno di fare un ragionamento più profondo. Si tratta di persone che hanno venduto il proprio ruolo, assegnato loro dai cittadini europei. Fa ancora più male che si tratti dell’unica istituzione europea democraticamente eletta.
La presidente Roberta Metsola ha già annunciato le prime misure per migliorare la trasparenza all’Eurocamera: lei crede che saranno sufficienti per sconfiggere la corruzione?
Culturalmente tendo sempre e comunque a valutare la responsabilità come individuale. Non penso che sia un problema di regole, ma un problema di persone e di mentalità. Chiaro che se dal punto di vista normativo si può migliorare, massima disponibilità a farlo. Ma credo che sia molto ambizioso pensare che basti inasprire le regole per fare in modo che episodi di questo tipo non succedano più.
Fino a dove può arrivare questo scandalo?
Non lo so, ma mi auguro che si continui a scavare. Non perché mi fa piacere vedere colleghi in difficoltà, ma per una questione di giustizia ed equità. Se qualcuno ha sbagliato, screditando il lavoro di altri, è giusto che paghi. Deve essere un monito per il futuro. Ritengo ingiustificabile che chi ha una retribuzione e privilegi di un certo tipo, si faccia comprare così.
Qatargate a parte, tra un anno si concluderà l’attuale legislatura europea. Si ricandiderà a Bruxelles?
Sono i partiti che scelgono i candidati, è una decisione che spetta al mio partito. Sono sereno, perché penso di aver sempre lavorato con impegno ed entusiasmo, sia a Bruxelles che sul territorio, ma altrettanto serenamente è giusto che sia il partito a fare le valutazioni su quelle che possono essere le liste migliori per ogni circoscrizione.
Ma finora si ritiene soddisfatto di ciò che ha raggiunto durante il suo mandato da deputato europeo?
Io cerco di essere un perfezionista, per cui non abbasso l’asticella. A livello di lavoro sul territorio, con le categorie e con le imprese, è stato fatto un lavoro ambizioso per creare una maggiore sinergia tra gli enti locali e l’Europa. Ho puntato tanto sul discorso della finanza agevolata, cercando di far conoscere alcuni strumenti finanziari a livello territoriale. Da questo punto di vista, i risultati sono arrivati. Un lavoro molto importante in termini di impegno e di soddisfazione è stato durante la pandemia, quando siamo riusciti a dare una mano ai tanti veronesi rimasti bloccati in giro per il mondo. È stato un lavoraccio, in cui ho investito tanto tempo e tanta passione.
Un’ultima domanda non può che riguardare Verona. A proposito di sinergia tra gli enti locali e Bruxelles, crede che con la nuova amministrazione la nostra città riuscirà finalmente a rivolgersi di più verso l’Europa?
Va innanzitutto riconosciuto che questa giunta è al 10 per cento dei suoi 5 anni di mandato, per cui ancora nella fase in cui il lavoro viene impostato. Io ritengo che Verona dovrebbe iniziare a osare di più, a paragonarsi non solo con le città circostanti, ma anche con altre realtà europee. Perché solo con la volontà di avere una visione più ampia la nostra città potrà crescere, non solo dal punto di vista economico, ma a livello culturale e di mentalità. Io sono a disposizione per lavorare con chiunque, a dispetto del colore politico, perché come unico europarlamentare veronese sento una grande responsabilità. In questa fase storica l’obiettivo deve essere quello di cogliere le opportunità che Bruxelles offre e portare a casa risultati. Vedremo nel lungo periodo se questo approccio, nuovo rispetto al passato, porterà dei benefici alla nostra città.