A Mazzorbo, isola della Laguna nord di Venezia, immerso nella quiete della vigna murata si trova il Ristorante Venissa. Aperto nel 2010, e già una stella Michelin dal 2012, si è sempre contraddistinto per la volontà di proporre una cucina d’avanguardia nella Laguna, con chef visionari e liberi di interpretare e valorizzare gli ingredienti locali. Dal 2017 la cucina del Venissa è guidata da Francesco Brutto e Chiara Pavan, chef veronese premiata come miglior chef donna per l'Espresso nel 2019, da Identità Golose nel 2020 e da Gambero Rosso nel 2021. Gli chef portano avanti una cucina che descrive l’ambiente circostante e, allo stesso tempo, fa una riflessione sull’impronta che lascia sul territorio, con il vegetale come protagonista indiscusso. L’impegno del Ristorante Venissa verso pratiche di cucina sostenibile è stato premiato con la Stella Verde Michelin 2022.
Chiara, cosa c’è alla base dell'indirizzo che avete dato alla vostra cucina?
Direi una buona coscienza etica che sia io che Francesco avevamo anche prima di questo momento storico in cui, un po’ per fortuna e un po’ per moda, si parla molto di sostenibilità. Nello specifico io non mangio carne da anni e da quattro l’abbiamo eliminata anche dai menù del ristorante, così come abbiamo eliminato la plastica.
Niente plastica in un ristorante Michelin?
Non usiamo più il sottovuoto, cosa rara per un ristorante, lo so (ride, ndr). Stocchiamo in vetro o in scatole, usiamo più il fresco. Al Venissa portiamo avanti il nostro progetto di orto con una produzione che va a soddisfare il fabbisogno del ristorante seguendo una politica del metro zero e senza usare prodotti chimici.
Vendete parte dei prodotti?
No, e da questa scelta sono poi partite varie riflessioni sullo stoccaggio dei prodotti. Il laboratorio di conserve e fermentazioni, così come gli aceti o i sott’aceti che abbiamo sono una conseguenza del fatto che abbiamo cercato un modo a basso impatto per stoccare, evitando il sottovuoto e il congelamento.
Da dove partire per una cucina sostenibile?
Sicuramente dal menù, è questo il punto di partenza per abbassare il nostro impatto sul pianeta. Da noi si mangia prevalentemente vegetale, con una ricerca su come renderlo appetibile. Oltre alla carne, come detto prima, abbiamo eliminato tutto quel tipo di pesce che non si trova più: quando offriamo la proteina animale ci orientiamo su specie invasive o comunque altamente presenti.
Ad esempio?
In laguna osserviamo il fenomeno del granchio blu, specie originaria delle coste atlantiche americane che come altre hanno trovato qui delle ottime condizioni per riprodursi. Il granchio è stato inserito felicemente in menù, perchè comunque molto buono, ma la situazione è davvero drammatica. Negli ultimi sette anni ho visto dei cambiamenti molto forti dati dall’aumento considerevole delle temperature.
Cosa sta cambiando?
Per fare un esempio, durante il mio primo anno al Venissa il pescatore con il quale lavoravo mi portava le anguille, mentre adesso non ci sono praticamente più, così come le seppie di laguna. Gli ecosistemi stanno cambiando.
State lavorando su altre specie invasive per un futuro inserimento in menù?
Quest’anno abbiamo cominciato a fare un lavoro anche sulle meduse, ma è un po’ più complicato perchè alcune non sono classificate in Italia e quindi tecnicamente non reperibili. Dopo una lunga ricerca e un lungo studio abbiamo iniziato a servirle a qualche ospite, perché vorremmo fare pressione sui limiti della commercializzazione. È assurdo averne così tante e non poterle usare.
Parlando di sostenibilità l’associazione con le complessità del vostro settore è inevitabile. Chi lavora nella ristorazione può avere ritmi di lavoro sostenibili?
Al momento direi di no. Lavoriamo sempre tantissimo e credo che la nostra professione avrà vita breve in queste modalità. Dopo il Covid, quando non si trovava personale, abbiamo deciso di chiudere sempre due giorni a settimana, abbiamo tante persone in brigata e cerchiamo di fare brigate miste, ma lo stesso il carico è decisamente elevato. La riflessione sul cambiamento, però, non sembra all’ordine del giorno come priorità.
Chiara, lei è laureata in filosofia. L'impronta della sua formazione è ancora presente?
Direi che con gli anni sta uscendo sempre di più. All’inizio, quando lavoravo come cuoca non si percepiva molto, ma quando ho cominciato a pensare a cosa cucinare e soprattutto a come farlo credo sia emersa la mia forma mentis, un mettere in atto una vita filosofica, come dicevano gli antichi.
A Verona ci pensa ogni tanto?
La adoro. Vorrei tornarci a vivere prima o poi.