Storie di persone | 11 aprile 2023, 12:18

La rivoluzione dell’editing genetico in Europa e Giappone

Piante più resistenti alla siccità, frutti più salutari. L'editing genetico in Giappone è già realtà e ce ne ha parlato il PhD Giulio Vicentini.

La rivoluzione dell’editing genetico in Europa e Giappone

È da anni che si parla di “editing genetico”, ma è ancora poco quello che la gente comune sa sull’argomento. Spesso demonizzato, il cosiddetto sistema CRISPR potrebbe, in realtà, essere una rivoluzione scientifica che, prima di arrivare a modificare il genoma degli esseri umani (come viene teorizzato dai detrattori), arriverà sulla nostra tavola. Come? Rendendo le piante più resistenti alle malattie, alla siccità, oppure rendendole più salutari per l’uomo. E se questa tecnologia, in Europa, fa ancora “paura”, in Giappone è già realtà. A raccontarcelo è stato Giulio Vicentini, PhD dell’Università Statale di Milano, classe 1993, che ha trascorso tre mesi in terra nipponica proprio per studiare i meccanismi dell’editing genetico applicato al riso.

Giulio perché hai deciso di iniziare a studiare in questo campo?

Io ho studiato biologia a Padova e poi mi sono spostato a Milano per la magistrale. Lì ho conosciuto un professore che aveva un laboratorio dove lavorava sul riso e mi ci sono inserito. Al momento l’editing genetico lo stiamo usando come ricerca di base per capire dei meccanismi molecolari in relazione alla fioritura del riso e a come questa avviene.

Quale potrebbe essere l’applicazione dell’editing genetico e perché potrebbe essere una rivoluzione positiva?

Al momento questa tecnica è molto discussa. Avrebbe molti usi, ma ad ora sia gli organismi modificati tramite editing genetico o tramite TEA (tecnica di evoluzione assistita), che è più o meno la stessa cosa, non si possono ancora coltivare in Europa. Eppure potrebbero apportare dei benefici creando, ad esempio, piante resistenti a certi patogeni fungini o piante più resistenti alla siccità, visto che è un tema abbastanza attuale. Il problema è che finché non ci sarà un'approvazione legislativa da questo punto di vista, non ci saranno molti fondi per creare queste piante.

I tuoi studi ti hanno portato, infatti, fuori dall’Europa, in Giappone, dove questa tecnica è già usata…

Sì, lì ho svolto ricerche sui protocolli di trasformazione delle piante di riso, quindi come rendere delle piante di riso transgeniche. I protocolli sono un po’ diversi, quindi ho studiato come lo fanno loro e poi ho studiato lee tecniche per capire come diverse proteine interagiscono tra loro e come queste interagiscono con il DNA.

Ti è capitato di mangiare qualcosa editato geneticamente?

Non mi è capitato di mangiare prodotti editati, ma li ho visti al supermercato. Mi hanno spiegato che da circa un anno o due è in commercio, per esempio, c’è un pomodoro che ha una concentrazione più alta di GABA che è una molecola dalle qualità salutiste che aiuta a ridurre la tensione emotiva e limitare l'aumento dello stress. C’erano anche dei pesci editati in modo che producessero più carne. Anche da questo punto di vista, c’era una produzione maggiore di carne pur consumando meno risorse per produrla.

In Europa questa tecnologia non è stata ancora recepita. Ci sono delle controindicazioni che potrebbero dare ragione alla diffidenza europea?

In realtà non ci sono controindicazioni dal punto di vista scientifico. La difficoltà è nell'accettazione di queste tecnologie, soprattutto da parte della politica. La cosa divertente è che non ci sono neanche modi per capire se un organismo sia stato editato o meno. È chiaro che se si parla di editing genetico su esseri umani, anche il mondo scientifico condanna certi esperimenti.

Hai pensato di restare in Giappone a studiare?

Mi è stato chiesto dal professore giapponese che mi ospitava. Io mi sono trovato molto bene come mi trovo bene all'Università di Milano, quindi ho deciso di finire questa esperienza che sto facendo con loro. In realtà, in futuro, non mi dispiacerebbe tornare in quel laboratorio proprio perché la ricerca è di alta qualità.

Guarda l'intervista:

 

Giorgia Preti