Food & Wine | 06 settembre 2023, 12:38

In vino…humanitas

In vino…humanitas

Al mattino davanti a una tazza di caffè, in un momento di attesa in qualche ufficio cittadino, all’ombra di un albero in questi pomeriggi di fine estate: gli “Esercizi spirituali per bevitori di vino” si possono praticare ovunque, a patto di concedersi il giusto tempo per provare a tradurli in esperienza quotidiana. Li ha scritti, e prima ancora sperimentati personalmente, Angelo Peretti, che da più di trent’anni si occupa di vino come giornalista e critico. Nei novanta brevi capitoli, che ​​prendono spunto da romanzi, aneddoti, canzoni, interviste e tanto altro, il giornalista veronese ci guida alla riscoperta dei contenuti sentimentali, emozionali e intellettuali del vino e del vivere, sfatando luoghi comuni che sempre più ne inibiscono il libero e spontaneo godimento.

Il titolo del suo libro richiede qualche indagine. Cosa sono gli "esercizi spirituali"?  

In genere pensiamo a quelli di Sant'Ignazio di Loyola, ma in realtà esistevano ben prima della tradizione cattolica: erano gli incontri periodici dei filosofi epicurei nei quali si discuteva del senso della vita.

Come si declinano questi esercizi per i bevitori di vino?

Come un invito a riflettere sull'esistenza attraverso una metafora, che è il vino. Questo è un libro che parla della vita per parlare del vino e del vino per parlare della vita, lontano da manuali tecnici.

Perché ha cominciato a scrivere questo libro?

Mi occupo di vino dal 1986 e col tempo mi sono accorto che la modalità di parlarne e scriverne è diventata pesante: un parlare per addetti ai lavori che spaventa chi non lo è. Il vino, al contrario, è un fatto umanistico: nasce da persone ed è rivolto alle persone.

Si è forse persa un po’ di naturalezza e di piacere in questo mondo, concorda?

Abbiamo spaventato chi porta in tavola una bottiglia per condividerla, facendo passare l’idea che non hai diritto di bere vino se non sai descrivere almeno 50 aromi. Al contempo, il bevitore più acculturato ha cominciato a concentrarsi troppo sugli aspetti tecnici. Il risultato è che nessuno beve più con gioia.

Il vino può essere un’esperienza per tutti quindi?

Si. Mi sono reso conto col tempo che è l'atteggiamento del singolo nei confronti del vino a condizionare la percezione e l’esperienza che se ne fa. Un vino bevuto in un momento di felicità avrà sempre qualcosa da dire, al contrario la rabbia o il cattivo umore ne possono condizionare in negativo la percezione.

È stato facile parlare di vino come di esperienza umana?

All’inizio una fatica terribile, perché anch'io ero condizionato dalla formazione tecnica del settore. Poi gradualmente mi sono sentito più libero e ho potuto parlarne senza fermarmi sugli aspetti materiali.

Nel proemio rivela addirittura di lasciarsi andare a “eresie”.

Spesso per raccontare il vino abbandono i formalismi e l’evidenza scientifica lasciando il posto a sensazioni e intuizioni, come il capire se l’annata vinicola sarà buona dal gusto delle pesche. Alla fine per quante cose della nostra vita c'è davvero una dimostrazione scientifica?

Ha avuto riscontro dai tecnici del settore?

Per il momento, incredibilmente, i riscontri sono positivi sia da parte degli addetti ai lavori che dei bevitori quotidiani, entrambi felici che si possa parlare di vino in maniera più libera.

Al termine di ogni capitolo consiglia due vini, uno italiano e uno straniero. Qualcosa mi dice che la scelta non è puramente tecnica. 

Sono vini buoni, buonissimi, che bevo regolarmente, ma soprattutto sono coerenti con il contenuto del capitolo. L’elenco può arricchirsi: il libro ha molti spazi bianchi che ho voluto affinché i lettori potessero annotare i propri esercizi spirituali oppure tenere traccia dei vini bevuti in relazione a quanto letto.

L’indice scorre in ordine alfabetico alternando i sostantivi più diversi, ognuno in relazione a diversi aspetti della quotidianità. Come li ha selezionati?

Da lettore onnivoro, quando incontravo spunti interessanti li segnavo; successivamente, riflettendo e sviluppando le singole tematiche, trovavo quasi sempre un’analogia fra quello spunto e la mia esperienza a contatto con il vino. È stato un percorso impegnativo che mi hanno costretto a rivedere molte mie opinioni.

Alla luce di quanto mi ha raccontato perdoni la provocazione: possiamo dire che il vino fa bene?

Il vino in sé non posso dire faccia bene, perché contiene alcol; anche camminare a lungo sotto il sole cocente di una grande città, però, non fa bene all'organismo. L'esagerazione, in generale, non fa bene all'organismo. Dedico un capitolo a questo tema nel libro, nel quale dico di diffidare dalle posizioni estreme. Come in tutte le cose serve moderazione.

Come si raggiunge la moderazione?

Attraverso l’educazione al bere e al mangiare, ma più in generale alla vita e alla socialità. Togliamo il vino da quella sfera di sacralità che gli abbiamo dato e riportiamolo in tavola, tra le persone.

Camilla Faccini