Editoriali - 03 ottobre 2023, 10:52

L'editoriale di Pantheon 147

L'editoriale di Pantheon 147

Un recente sondaggio del giorno proposto dalla nostra Redazione, avvalorato anche da una puntata molto seguita e commentata di “Squadra che Vince”, il programma che ho il piacere di condurre tutte le sere dal lunedì al venerdì alle 18:00, e in replica alle 21:00, su RadioAdige.TV, ha portato alla ribalta nuovamente il grande tema del Traforo delle Torricelle, da qualche anno caduto nel dimenticatoio. Un’opera infrastrutturale mai realizzata, nonostante abbia caratterizzato con riunioni, conferenze stampa, dibattiti pubblici, consigli comunali, manifestazioni pro e contro, sentenze dei tribunali…almeno un decennio e oltre della storia recente della nostra politica locale, a partire dal 2007 quando l’allora sindaco Flavio Tosi la propose per la prima volta.

Un tentativo mai riuscito, dicevamo, di perforare le Torricelle con una galleria a doppia canna di circa due chilometri, seguita da una seconda galleria interrata in zona Pindemonte con un successivo ponte sull’Adige a Parona, un secondo ponte sul Biffis, un terzo sul canale Alto Veronese per arrivare, alla fine, al collegamento con lo svincolo della Tangenziale Ovest per completare così la circonvallazione attorno alla città.

Un progetto faraonico se contestualizzato ai tempi nostri, allora «fattibilissimo» secondo l’ex primo cittadino. È stato proprio Flavio Tosi, ora deputato di Forza Italia, a contrapporsi durante la puntata su Radio Adige ad Alberto Sperotto, del Comitato contro il Traforo. Per anni avversari (anche se Sperotto non ha mai ricoperto una carica politica), hanno mantenuto con coerenza il loro punto di vista: «Opera indispensabile» per il Tosi del 2023, «stupida e anacronistica» per lo Sperotto dei giorni nostri.

Nella contesa, per dovere di cronaca, si inseriscono anche il successore di Tosi, Federico Sboarina, che da sindaco bollò il Traforo come «un progetto morto da anni», e l’attuale assessore del Comune di Verona Tommasi Ferrari, il quale, sollecitato dal nostro collega Alessandro Bonfante, ha sottolineato che «bisognerebbe parlare di infrastrutture che siano bancabili, finanziabili e che abbiano i numeri, anche in termini di flussi veicolari, per stare in piedi».

Al di là dell’utilità e del valore che potrebbe avere oggi un eventuale traforo o “traforino” (galleria corta con uscita a Ca’ di Cozzi), la nostra città in futuro avrà ancora la forza, la lucidità, l’ardore, la possibilità economica di pensare a progetti infrastrutturali di un certo peso, che non sia soltanto un cantiere per unire due sottopassi (con tutto il rispetto per l’opera)? Siamo ancora in grado di sostenere un dibattito politico, istituzionale per pensare in grande, oppure ci dobbiamo adeguare a testa bassa a un contesto generale segnato da pessimismo e inflazione?

Verona può tornare ad avere il ruolo che si è ritagliata negli scorsi decenni, con una veste economica, finanziaria, progettuale di fascia alta per imporsi come modello di efficienza e avanguardia? A volte bisognerebbe proprio osare.

 

“Ciò che non abbiamo osato, abbiamo certamente perduto” Oscar Wilde

 

 

 

Matteo Scolari

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