La prima pagina della storia della famiglia Tommasi fu scritta nel 1902. In quell’anno Giacomo, contadino mezzadro, acquistò la vigna dove lavorava a Pedemonte, con la volontà di creare qualcosa di suo. Di anno in anno, le pagine del “libro” sono aumentate e la storia si è fatta sempre più bella e articolata, fin ad arrivare a oggi, alla quarta generazione di Tommasi. Da allora sono diversi i ruoli che si sono ritagliati grazie alla vecchia scommessa vinta da bisnonno Giacomo: imprenditori, vignaioli, albergatori, storyteller. Eppure, la prima “etichetta” – visto che parliamo di vino – che hanno voluto mantenere è stata quella di “contadini”. Ce lo ha confessato Pierangelo Tommasi, Direttore Esecutivo di Tommasi Wine, e, dal giugno 2022, presidente de Le Famiglie Storiche, l’associazione nata nel 2009 per valorizzare uno dei vini simbolo della Valpolicella, l’Amarone. Pierangelo ci ha dato un assaggio dei valori che compongono da sempre la famiglia Tommasi: la passione innata per il buon vino, la voglia di esplorare e ampliare gli orizzonti, la ferma convinzione che la famiglia, in questo mosaico, è un tassello fondamentale.
Iniziamo con una domanda facile. Chi è Pierangelo Tommasi?
In realtà è molto complicata (ride, ndr). Sono uno dei nove membri della 4^ generazione della nostra famiglia, che è nata 121 anni fa con il bisnonno Giacomo Tommasi, mezzadro che lavorava la vigna a Pedemonte, dove oggi abbiamo la sede. Era un contadino visionario, che ha avuto l'ambizione di crearsi qualcosa in proprio e ci è riuscito acquisendo il vigneto in cui lui lavorava e che era di proprietà di una famiglia nobile del tempo. Dal 1997 siamo entrati tutti e nove, tra fratelli e cugini, in azienda: sette, tra cui io, si occupano di vino a tempo pieno, mentre due miei cugini si occupato di hospitality a Villa Quaranta. Io da ragazzo mi sono diplomato come perito turistico, anche perché avevo una passione per le lingue straniere, tant’è che anche oggi mi occupo di mercati esteri. In azienda ho fatto la mia gavetta tra magazzino e logistica e non escludo che, se un giorno dovessi stancarmi di fare quello che faccio, tornerei volentieri a occuparmi di quello (ride, ndr).
Lei è cresciuto tra le vigne. Qual è il ricordo più bello che conserva a riguardo?
Il ricordo più bello che ho è quello di aver sempre vissuto questo ambiente, anche quando ero piccolino, inconsciamente rispetto a quella che era poi l'attività. La nostra è una famiglia che ha sempre lavorato sodo e infatti ancora oggi amiamo definirci dei contadini. Mi ricordo che, quando mio padre e i miei zii erano impegnati, noi fratelli e cugini giocavamo nel cortile della cantina. E mi ricordo anche l'eccitazione e la tensione nel periodo della vendemmia.
È mai stato difficile lavorare così a stretto contatto con i propri famigliari?
Direi che, se tutti noi siamo insieme in azienda e lavoriamo insieme da tanti anni, significa che la nostra famiglia ci ha trasmesso qualcosa di significativo. Nel 1997 avevamo ereditato un'azienda già ben avviata e sana, che possedeva circa 45 ettari di vigneto. Oggi abbiamo otto aziende in giro per l'Italia, 800 ettari di vigneto e attività in hospitality. Tutto questo semplicemente perché andiamo d'accordo, sappiamo lavorare insieme, ci vogliamo bene e sappiamo confrontarci anche in maniera molto diretta ma sempre con il massimo rispetto dei ruoli e delle persone.
Il vino si può dire che per voi è un affare di famiglia. Ma, parlando onestamente, ha mai pensato a fare dell’altro?
No, anche se, devo dire la verità, quando ero alle scuole superiori non sapevo esattamente che cosa avrei fatto da grande. L’unica cosa che sapevo è che volevo lavorare in famiglia. Se faccio un passo indietro di qualche anno, avevo e ho un'altra grande passione che è il calcio e fantasticavo sul fatto di poter diventare un commentatore televisivo.
Quindi quando ha del tempo libero, gioca a calcio…
Sì, anche perché la nostra famiglia è presente attivamente nella società di calcio di Pedemonte e io ho un ruolo all'interno, quindi quando esco dall’ufficio vado al campo.
Il vostro cavallo di battaglia è l’Amarone, uno dei vini simbolo della Valpolicella. Domanda forse banale: è il suo vino preferito?
Non è una domanda banale, ma la risposta è: assolutamente sì. Poi ci sono varie sfaccettature di Amarone: noi ne facciamo più di uno. Ma lo è anche perché rappresenta la nostra storia, la nostra vita. Noi oggi abbiamo aziende in giro per l'Italia, ma non ce l’avremmo mai fatta se non avessimo avuto l'Amarone come nostro vino simbolo che ci ha portato in Italia, il mondo. A un ottimo bicchiere di Amarone non si rinuncia mai.
Un aggettivo per descriverlo?
Ci sarebbero tanti aggettivi per descriverlo. Ma mi soffermerei su quella che è anche la mission che noi abbiamo come Tommasi e, più in generale, come Famiglie Storiche: rendere l’Amarone un vino contemporaneo. Questo perché è un vino che si adatta facilmente alla cucina internazionale a 360 gradi. Veniamo da alcuni anni in cui abbiamo riscontrato che l'Amarone può per certi aspetti risultare un vino impegnativo da abbinare. Noi vogliamo assolutamente sfatare questo approccio, anche perché c’è stata un’evoluzione nel modo di produrre l’Amarone, che negli ultimi anni è diventato un vino più elegante, più “facile” da bere.
…E apprezzato anche all’estero.
Assolutamente. Lo stiamo raccontando nel mondo come un “fine wine” contemporaneo: è una categoria che sta al di sopra di tanti altri vini e l’Amarone se la merita. Culturalmente, forse, non ci è ancora arrivato perché ci sono vini che godono di una storia più nobile, e qui sta a noi far andare oltre la percezione di questo straordinario vino.
Entrando nel merito dell’Associazione…Lei nel giugno 2022 è diventato presidente de Le Famiglie Storiche. Cosa significa per lei e per la sua famiglia?
L'idea di creare il Gruppo Famiglie Storiche è nata da Sandro Boscaini, presidente di Masi, che nel 2008 ci ha riuniti per esporci questa sua idea. Nel 2009 abbiamo dato vita ufficiale a questa associazione che oggi conta 13 famiglie. Per la famiglia Tommasi è un piacere essere alla guida del gruppo e per me personalmente è motivo di orgoglio e di responsabilità. Conosco l'associazione dal primo giorno e ora è il momento, da parte mia, di condurre nel miglior modo possibile.
L’Associazione ha sempre tenuto molto a raccontare l’Amarone ed è un gruppo molto unito…
Certo. Anche Famiglie Storiche è una famiglia composta a sua volta da aziende familiari che condividono gli stessi valori: ci sono confronti, opinioni anche discordanti, ma poi tutti convergiamo verso l’unico obiettivo di raccontare l’Amarone in giro per il mondo.
Ci sono mai piccole discussioni tra soci su chi produce l’Amarone più buono?
No assolutamente, perché non ha senso. Sono tutti vini di primissimo livello e ognuno porta la sua anima nei vini che produce. C’è solo un grande stimolo da parte nostra quando li assaggiamo.
Se le dico cambiamento climatico e sostenibilità, quale sarà il futuro del mondo vitivinicolo?
Sicuramente ogni azienda si sta muovendo in tutte le direzioni possibili per essere più sostenibile e lo si può fare in tanti modi: in campagna, in cantina e nei materiali che si usano. Per quanto riguarda la viticoltura, si andrà sempre verso altitudini più alte. Noi facciamo il nostro dovere, poi vedremo quello che la natura ci darà e chi sarà bravo a creare qualcosa di innovativo per potersi adattare meglio.