Devono essere pesanti, da portare al collo, le circa 30 medaglie che Cecilia Bragantini ha conquistato nella sua carriera, saltando da un trampolino, in punta di piedi, cercando di “andare d’accordo” con ciò che sta sotto di lei: l’acqua. Il mestiere del tuffatore non è per tutti: c’è la componente acrobatica, l’altezza, la precisione. Basta poco per sbagliare. Lo sa Cecilia che, a soli 18 anni, ha già capito che la preparazione atletica è importante, ma ciò che è fondamentale è il fattore psicologico: la testa. Una volta lì, sul ciglio del trampolino (se così possiamo dire), deve esserci la massima concentrazione, che l’altezza sia di uno o di tre metri. È così che arrivano le soddisfazioni: la convocazione nella nazionale giovanile, il titolo di vicecampionessa italiana juniores e competizioni internazionali. Ma non è abbastanza: il sogno è, come per qualsiasi atleta di alto livello, quello dei cinque cerchi e di un futuro radioso in uno sport in cui Cecilia ha trovato la sua strada per puro caso.
Chi è Cecilia Bragantini fuori dalla piscina?
Io sono una studentessa del quinto anno del liceo sportivo Seghetti. Ho iniziato con i tuffi abbastanza in là con l’età, dato che avevo 10 anni e, di solito, si inizia da più piccoli. Il motivo è che mi ci sono avvicinata per caso: è stato il compagno di mia zia, che praticava questo sport da amatore, a convincermi a provare. Mi è piaciuto subito e dopo un anno sono diventata agonista. Ho dovuto scegliere tra i tuffi e la danza, e non ho avuto dubbi.
Da che altezze ti tuffi?
Io sono una trampolinista, quindi mi tuffo da uno o da tre metri. Per un annetto ho provato anche le piattaforme, che sono strutture rigide che vanno da cinque, sette o dieci metri, ma era scomodo per gli allenamenti, perché non ce ne sono a Verona.
A che preparazione atletica ti sottoponi?
Bisogna sempre stare attenti quando ci si tuffa, sia dal trampolino che dalla piattaforma, perché basta un attimo per farsi male. Io mi alleno sei giorni su sette, con allenamenti di circa due ore e mezza, di cui una in palestra prima di entrare in acqua, poi mi alleno anche al di fuori dell’ambiente della piscina, con un personal trainer. Con il passaggio alla categoria senior, l’anno prossimo, introdurrò anche un allenamento mattutino alla settimana, in accordo con la scuola.
A livello psicologico, invece, come ti prepari?
La testa fa il lavoro maggiore in questo sport, perché richiede concentrazione e dedizione. Fino a qualche anno fa, quando ero più piccola, non l'avevo ancora ben capita questa cosa e mi facevo prendere molto dall'agitazione e dall'ansia in gara. Ora sto lavorando molto anche su questo aspetto, cercando di essere sempre costante in tutte le gare, ma anche e soprattutto negli allenamenti.
Cosa ti aspetti dalla nuova categoria?
Vorrei ottenere dei risultati fin da subito, impegnandomi come ho sempre fatto in tutti questi anni. Il programma di questa categoria è differente perché richiede tuffi con un coefficiente di difficoltà molto più alto, ma voglio partire con il piede giusto.
In questi otto anni di carriera qual è stata la vittoria più bella per te?
Sicuramente quando sono riuscita ad ottenere la medaglia d'oro ai Campionati Italiani di categoria dell'anno scorso che, insieme ad un'altra, mi hanno portata a far parte della nazionale giovanile. Anche la chiusura del campionato di quest’anno è stata importante per me, perché ho portato a casa due argenti.
Da diciottenne riesci a vivere una vita serena anche fuori dalla piscina?
Sicuramente è una vita diversa da quella di altri miei coetanei, perché richiede sacrifici. Riesco comunque a mantenere le mie amicizie e ad uscire il sabato sera magari con le mie amiche per staccare anche un po' la testa. È complicato sicuramente, ma a me piace così.
C’è un’atleta a cui ti ispiri nel tuo sport?
Mi piace molto Chiara Pellacani, che è un'atleta di Roma e che ha partecipato anche alle Olimpiadi di Parigi a quelle di Tokyo e per me è un modello perché, nonostante sia anche lei molto giovane, è riuscita ad ottenere importanti risultati ed è quello a cui ambisco anche io.
Il sogno nel cassetto, quindi, sono i cinque cerchi?
Sì, come per ogni atleta sarebbe un sogno che diventa realtà.