Artista di punta al Rossini Opera Festival di Pesaro, proprio nell’anno nel quale la città è Capitale italiana della Cultura, attesa protagonista ad ottobre nei teatri di Berlino come voce italiana ad affiancare Anna Netrebko nell’omaggio a Verdi, la soprano Anastasia Bartoli, 33 anni, si racconta tra il suo amore per l’opera e la grande ispirazione avuta dalla madre, Cecilia Gasdia, indimenticata stella del canto e oggi Sovrintendente di Fondazione Arena di Verona.
Periodo pesarese appena concluso, per due anni di seguito.
Un orgoglio e una gioia essere chiamata per due anni di fila a Pesaro, soprattutto per le opere che ho interpretato. L’anno scorso ho potuto esibirmi come Cristina, in “Eduardo e Cristina”, ultima opera rossiniana, mai messa in scena e alla lunga davvero una riscoperta interessante. Essendo quasi un “collage” di numerose opere dell’artista pesarese, mi ha permesso di cimentarmi in numerose cantate alcune delle quali ho poi interpretato questa estate, tra cui “Ermione”. Una gioia immensa, che ho provato, per la sua rarità e perché, essendo di difficile esecuzione, richiede delle capacità “pirotecniche”, quindi anche una soddisfazione come professionista.
Un titolo che rievoca speciali ricordi per lei.
Alla sua prima messa in scena, nel 1819, “Ermione” fu un flop, tanto che Rossini la ritirò tra le opere presentabili e non fu più vista per quasi 160 anni. Solo nel 1986 fu proprio mia madre a inciderla e reinterpretarla, tirandola fuori da un oblio. Davvero, dunque, una rarità che due artiste della stessa famiglia la possano interpretare e dunque ancora di più per me un onore. Abbiamo lavorato con il Maestro Michele Mariotti, con il quale credo sia risultato un capolavoro a livello interpretativo musicale ma anche su noi cantanti sul testo, anche a livello attoriale. Un testo dalle sfaccettature quasi psichiatriche, con uno smarrimento finale del personaggio, quindi l’interprete deve lavorare di fino sulle parole. Le ultime due serate sono state anche filmate per la produzione di un dvd, quindi il performer deve lavorare anche sull’espressività facciale, diventa dunque così un artista a tutto tondo. La gestualità è totale e il suo lavoro è quasi cinematografico.
La musica lei l’ha respirata fin da piccola?
Ho vissuto nei teatri e ascoltato musica dalla più tenera età, seguendo mia madre in ogni possibile occasione, vivendo l’ambiente soprattutto dell’opera. Ho sempre cantato, ma il vero “richiamo” per intraprendere questa carriera è arrivato a 23 anni, quando ho capito che volevo questa vita, fatta di tanto lavoro, studio, ricerca e sacrificio, di superamento anche dei problemi fisici e psicologici. Un lavoro di carattere. Ho fatto per anni la paracadutista, sono stata sommelier, ho girato il mondo, ma poi è arrivata questa consapevolezza di voler cantare e così ho chiesto a mia madre di potermi affiancare ed essere la mia prima insegnante di tecnica vocale, dandomi tutti i mezzi per poter lavorare al meglio. Ho poi studiato e mi sono laureata al Conservatorio Dall’Abaco di Verona, dove ho avuto una formazione completa. Un ottimo esercizio per confrontarsi anche con i propri limiti e avere la consapevolezza di poterli superare di fronte ad una classe di professionisti.
Sogni nel cassetto?
Sicuramente potrebbe un giorno vorrei poter avere l’onore di entrare in Arena come artista, ma in questo momento sono impegnata nelle prove per il “Nabucco” alla Staatsoper Unter den Linden di Berlino come secondo cast di Anna Netrebko, occasione che ritengo un vero onore e opportunità. Subito dopo sempre a Berlino e sempre con Verdi, sarò alla Deutsche Oper con “Macbeth”. Nel 2025 avrò una serie di debutti nei teatri italiani, al Teatro dell’Opera di Roma a gennaio sarò “Tosca”, per il centoventicinquesimo dalla prima messa in scena di Tosca in quel teatro, e per questo utilizzeranno anche le note registiche dello stesso Puccini. Al Teatro Verdi di Trieste debutterò in “Suor Angelica” di Puccini, al Teatro Comunale di Bologna sarò invece con “Il Ballo in Maschera” di Verdi e poi “Attila” alla Fenice di Venezia. Un viaggio all’insegna di “primo Verdi”, che io amo alla follia, un canto agile e drammatico che sento nelle mie corde, al quale, specializzandomi così tanto in Rossini, sono stata ben preparata.