Dagli Stati Uniti all’Europa aumenta l’utilizzo degli psicofarmaci somministrati ai minori. Le malattie psichiche del nuovo millennio sono vere o semplificazioni derivate da esigenze delle multinazionali del farmaco?
Il disagio interiore e il bisogno di attenzione dei più piccoli si manifesta spesso mediante comportamenti estremamente iperattivi o al contrario apatici e indifferenti agli stimoli esterni della società. Di fronte a tali situazioni, sempre più genitori fanno ricorso all’uso di psicofarmaci per educare e istruire i propri figli, ritenendolo il metodo più efficace, pragmatico e adeguato. Il fenomeno degli psicofarmaci, somministrati già nell’età dell’infanzia, nasce negli Stati Uniti attorno agli anni Ottanta e si è esteso in tutta Europa raggiungendo dati impressionanti. Un caso che fa discutere da alcuni anni psicologici e associazioni a tutela dell’infanzia.
La somministrazione degli psicofarmaci nasce in primis oltreoceano, per la cura di disturbi comportamentali e neuropsichiatrici, come l’autismo, la sindrome da iperattività e la schizofrenia. Solo pochi mesi fa l’allarme della nota rivista scientifica Pediatrics e del sito Consumer Report, che hanno denunciato negli USA un aumento dell’utilizzo di tali farmaci pari al triplo negli ultimi quindici anni, farmaci spesso non approvati dall'agenzia governativa Food and Drug Administation. Recentemente inoltre sono stati condotti studi volti a dimostrare l’inefficacia e la pericolosità dell’impiego di tali sostanze. Nel 2009 il Washington Post ha pubblicato una ricerca federale Usa che ha evidenziato l’inutilità di tali interventi farmacologici e un aumento degli effetti collaterali negli anni: esempio limitato sviluppo fisico, alterazione dei cicli di sonno o danni epatici. Le cure che dovrebbero migliorare la salute sono invece devastanti, provocando alterazioni all’equilibrio psico-fisico dell’organismo. In secondo luogo si denuncia che il ricorso e la prescrizione degli psicofarmaci da parte dei medici sia il risultato di un accordo con le case farmaceutiche per aumentare il loro profitto. Le vendite di tali farmaci sono aumentate da 2,8 miliardi di dollari del 2003 ai 18,2 miliardi del 2011. Questo dunque non sarebbe dovuto alla reale crescita dei casi clinici, ma semplicemente alla scelta dei medici di sottoporre sempre più bambini a cure farmacologiche, anche in casi non strettamente necessari. Accuse pesanti.
In Italia i bambini che assumono psicofarmaci sarebbero più di trecentomila secondo lo studio dell’Istituto di ricerche farmacologiche “Mario Negri”, ma i casi diagnosticati di disturbi psichici sarebbero superiori, circa settecentomila, come riportato dal Ministero della Salute. Si ritiene dunque che 9 bambini su 100 dovrebbero essere sottoposti a cure farmacologiche per risolvere comportamenti troppo esuberanti o anomali, non compresi da medici e famiglie.
Oggi gli antidepressivi sono tra i farmaci più acquistati nel nostro Paese, precisamente al quarto posto, come riportato dall’Agenzia Italiana del Farmaco. «Le troppe prescrizioni di psicofarmaci ai bambini» ha detto Massimo Di Giannantonio, Ordinario di psichiatria all’Università di Chieti «sono dovute a diagnosi non corrette formulate da medici di medicina generale e da pediatri che non hanno il necessario bagaglio di informazioni per compiere un passo così importante come quello di somministrare uno psicofarmaco ad un bambino, ma anche a diagnosi formulate da medici competenti come neuropsichiatri infantili e psichiatri adolescenziali, che ritengono che alla base del disturbo dei bambini ci sia un fattore biologico curabile quindi solo con i farmaci».
Le critiche delle più note associazioni a tutela dei diritti dell’infanzia sono molte, come quelle riportate dall’Istituto degli Innocenti, con sede a Firenze, da “Giù le mani dai Bambini” e infine da Telefono Azzurro. Luca Poma, giornalista e portavoce nazionale di “Giù le mani dai Bambini” Onlus, ha dichiarato: «ci sono i rischi, non ci sono i risultati: che gli specialisti smettano di fare, consapevolmente o meno, gli interessi delle multinazionali, ed inizino a fare gli interessi dei bambini».