Una dura gavetta tutta internazionale, come chef de partie per i migliori ristoranti stellati europei e non, e poi ad agosto un altro sogno che si realizza: lo sport che incontra l’haute cuisine nelle cucine rosse blu del Paris Saint Germain.
Gli anni trascorsi al ristorante Il Gargano di Villafranca, i primi passati in cucina, sono ormai lontani, eppure sono sempre tutti lì, in ogni piatto che oggi Mattia Piras crea come chef per il Paris Saint Germain, solo l’ultimo degli incarichi che ha portato lontano questo giovane villafranchese.
Ci sentiamo in una appassionata telefonata Parigi – Verona e finisco per scoprire una storia che davvero ha dell’incredibile. Tutto parte proprio qui a Verona, quando Mattia trascorre le sue giornate di adolescente tra i banchi dell’istituto alberghiero di Valeggio, gli allenamenti di calcio, e i servizi al ristorante per pranzo e cena. Sveglia all’alba, la canonica mattinata passata tra i banchi, e poi un permesso speciale per lasciare la scuola prima del suono della campanella e raggiungere quel ristorante che «mi ha insegnato a passare dalla teoria imparata sui banchi alla pratica, fondamentale per uno chef!». Calcio nel pomeriggio e poi ancora in cucina per il servizio serale, con ritorno a casa anche alle 2 di notte. A soli 16 anni sono questi i valori che Mattia esercita tra i fornelli: spirito di sacrificio, dedizione e disciplina. Con il diploma di maturità arriva anche la prima trasferta all’estero: una borsa di studio lo porta in Belgio, con la prima breve esperienza in una cucina internazionale. Con il ritorno a Verona, seguono alcuni preziosissimi anni in un’osteria del centro città dove a soli 21 anni Mattia cura tutti i primi piatti. E poi, si fa largo il sogno di partire per la Francia, «la tappa obbligata per tutti i grandi chef». In valigia: una pila di curricula stampati da consegnare nei migliori ristoranti parigini. «In un francese stentato, ho bussato alle porte dei ristoranti stellati di Parigi: la mia determinazione deve averli colpiti».
Gli anni all'ombra della Tour Eiffel sono all’insegna del rigore: ritmi di lavoro forsennati, la difficoltà di una lingua nuova e spesso il peso di una rigida gerarchia, perché «ero straniero, e l’ultimo arrivato». Se è vero che nelle cucine francesi si va per imparare la disciplina, in quelle giapponesi si deve andare per «imparare il rispetto per la materia prima».
Detto fatto: a una prima tappa a Hong Kong seguono gli anni trascorsi nelle cucine del Ryugin di Tokyo, tre stelle Michelin, a fianco dello chef Seji Yamamoto. E poi Dubai, e ancora Parigi e infine l’approdo al pluristellato Guy Savoy.
«Dopo anni trascorsi tra doppi turni, ad accettare condizioni di lavoro al limite» ad agosto l’annuncio: Mattia, a soli 27 anni, entra a far parte del team di chef, dietologi e nutrizionisti che segue i giocatori del Paris Saint Germain. «Questo nuovo lavoro mi permette di coniugare la mia passione per la cucina e la sana alimentazione con il mio amore di sempre per il calcio». Con ritmi di lavoro molto più rispettosi «posso finalmente dedicarmi a un progetto che mi sta molto a cuore: cucina di alta gamma per gli sportivi». Tra gli incontri con il team, la stretta collaborazione con medici nutrizionisti per studiare la dieta perfetta per Neymar, e richieste molto precise che garantiscano il rendimento in campo «adesso riesco persino ad avere il venerdì sera off, e del tempo libero per studiare e documentarmi, perché la sana alimentazione è una scienza». Di quella lista compilata a 16 anni, mi confida Mattia, sono tanti i punti, e i sogni, spuntati: c’è la Francia, il Giappone. E adesso ancora Parigi. L’ultima spunta, che non sarà di certo l’ultima.