Storie di persone - 12 luglio 2023, 10:30

Nuova vita per l'edificio di Monte Cornetto

Nuova vita per l'edificio di Monte Cornetto

È lì, adagiato dolcemente sul cucuzzolo del Monte Cornetto, a 1543 metri sul livello del mare. Lo conoscono tutti, anche perché non passa di certo inosservato. Nel tempo, la sua forma particolare, che ricorda un’ala posteriore di un aeroplano, ha alimentato fantasie, idee suggestive, curiosità.

Da questo mese di luglio, l’edificio costruito agli inizi degli anni ’80 dall’azienda Osanni di Minerbe su commissione della SIP, avrà una seconda vita grazie a tre giovani amici di Sant’Anna D’Alfaedo che, con coraggio, visione e un pizzico di follia, hanno deciso di acquistare l’immobile e di avviare, con l’aiuto di terzi, un’attività di ristoro per turisti e amanti della montagna.

«Siamo di Sant’Anna, siamo nati in questo territorio. Fin da bambini, durante le lunghe camminate che dal Corno D’Aquilio portano verso Sega di Ala, quindi in Trentino, guardavamo con interesse e stupore questo edificio particolare. – spiegano Andrea Laiti, Ivan Marconi e Samuele Tommasi – Ci chiedevamo come potessero essere le stanze all’interno, cosa si potesse nascondere dietro a quelle piccole finestre, pur sapendo che, alla fine, si trattava di un manufatto realizzato per l’istallazione di parabole telefoniche e non di chissà quale oggetto del mistero».

La SIP, poi Telecom e oggi TIM, individuò verso la fine degli anni ‘70 questo punto panoramico come luogo ideale per installare dei ripetitori visto l’ampio spettro di azione, a 360 gradi, su tutto il territorio veneto e trentino e decise di far costruire un’opera piuttosto impattante.

«Per qualche anno la struttura è entrata in funzione, la sua presenza in un contesto come quello del Parco regionale, che al tempo non era ancora stato costituito, ha provocato nel corso degli anni dei malumori, e pensare che avrebbero dovuto installare anche un’antenna sul tetto alta 15 metri! - proseguono i tre neo proprietari – Per fortuna poi la tecnologia si è evoluta e l’opera non è stata completata. In ogni caso, la vista e il panorama che si possono ammirare salendo sul tetto sono qualcosa di straordinario e ripagano del fattore estetico dell'edificio».

Ma come si è arrivati all’acquisto dell’edificio? «Poco prima dell’inizio della pandemia, proprio perché volevamo in qualche modo far rivivere un oggetto che per noi è ormai un punto di riferimento dai tempi dell’infanzia, ci siamo informati per capire chi fosse il proprietario e, a fatica, siamo risaliti agli uffici della TIM di Mestre. Dopo una lunga trattativa, che a un certo punto davamo per persa, hanno accettato la nostra offerta».

Andrea, Ivan e Samuele si sono messi subito al lavoro per ripristinare i locali: «L’edificio era vuoto e alcune stanze, a causa di infiltrazione di acqua, erano messe male. Ci siamo rimboccati le maniche e grazie all’aiuto di molte persone abbiamo risanato gli ambienti, partendo dal tetto a vela che è stato impermeabilizzato per bene».

«Partiamo quest’estate, a luglio, con l’avvio del punto ristoro affidato a persone con esperienza nel settore della ristorazione ad alta quota, - aggiungono i tre amici – L’attività, che si chiamerà "Ristoro la Cornetta", sarà gestita da Enrico Chiarelli, insieme a Vanda Campedelli, Massimo Boniciolli e Corina Beutin con l’obiettivo, in futuro, di avviare altre iniziative nell’ambito della ricettività».

Un cantiere al limite delle possibilità

A costruire l’edificio fu l’azienda Osanni di Minerbe, tuttora esistente, individuata dalla SIP. «Collaboravamo con l’azienda di telecomunicazioni italiana e quando ha indetto un bando per la realizzazione dell’edificio abbiamo partecipato aggiudicandoci la gara. – racconta il geometra Claudio Bissoli, l’allora responsabile del cantiere – Fu un’impresa lavorare su quel monte, non c’era la strada che arrivava fin su, l’abbiamo costruita noi, e tirava un vento forte, per non parlare del freddo d’inverno quando eravamo costretti a interrompere i lavori».

«Lavoravamo con cinque operai principalmente nei mesi estivi, soggiornando a Sega di Ala. – conclude Bissoli – L’opera ebbe dei costi ben superiori a quelli preventivati propri a causa di una serie di difficoltà che l’azienda committente non aveva preso in considerazione, arrivando alla cifra di 1,25 miliari di lire. Per noi e per il compianto titolare Paolo Osanni fu una sfida vinta, ora siamo felici di sapere che la nostra creatura torna a vivere e ad essere visitata».

Matteo Scolari

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