Food & Wine - 12 ottobre 2023, 11:30

Impara l’arte e mettila nel piatto

Impara l’arte e mettila nel piatto

In Vicolo Due Stelle, a Verona, c’è un angolo di perpetua primavera. Lo notereste anche passandoci davanti per caso, distratti o sovrappensiero. A sbocciare, al civico n.5, è il Bistrot Antica Amelia, un piccolo locale dal fascino antico ed eclettico. Varcata la soglia floreale, ad accogliere i clienti sono spazi romantici e ricercati, nei quali ogni angolo racconta una storia d’amore: quella per la cucina e i viaggi della chef Micol Zorzella. Se immaginate la più classica delle carriere nel mondo culinario, però, rimarrete sorpresi, perché nel passato di Micol non ci sono né scuole di cucina né esperienze in grandi ristoranti internazionali, ma solo una grande passione.

Quando ti sei avvicinata alla cucina per la prima volta?

Direi da molto piccola, aiutando le mie nonne, più che altro per gioco. Rompere le uova, mescolare gli ingredienti: c’era sempre qualcuno ai fornelli intorno a me.

La passione però non esplode subito, giusto?

È stata a lungo latente, tanto che mai ho pensato di iscrivermi all'alberghiero o di fare un corso di studi che mi portasse a questo mondo. Ho frequentato il liceo linguistico e poi Scienze della Comunicazione. All’università sono durata un solo anno: molto presto ho preferito la strada dell'indipendenza - sbagliando, ora lo posso dire - a quella dello studio, con l'idea di tornare sui libri più avanti.

La voglia di indipendenza dove ti ha portata?

A fare diversi lavoretti, tra cui la cameriera. Lo stare in sala, a contatto con la gente, mi piaceva davvero molto. Avevo preso il primo livello di sommelier e iniziavo a pensare, in un domani, a un localino tutto mio. Poi sono diventata mamma e le priorità sono cambiate.

Cucinare però ti piaceva?

Molto. Ero famosa per i pranzi e le cene a casa con gli amici, ma non avrei mai pensato di diventare una cuoca. Tanto che quando capitò l’occasione di rilevare il primo Antica Amelia (uno storico locale in Lungadige Rubele, ndr) la mia idea era di sostare in cucina giusto un paio di mesi, per trasmettere l’identità che volevo dare al locale, per poi dedicarmi alla sala. Non ne sono più uscita.

Nel 2020 lo spostamento nel nuovo locale: Antica Trattoria dall’Amelia diventa Antica Amelia Bistrot. Cosa è cambiato?

Oggi posso davvero giocare con la mia idea di cucina: pochi piatti, freschi, leggeri, stagionali, piccole porzioni ideali per assaggiare cose diverse e condividere. Ho lasciato di là la parte più tradizionale, quella che cucinava il fegato alla veneziana o le sarde in saor.

La spettacolarizzazione che la cucina ha vissuto negli ultimi anni ci ha insegnato la rigida gerarchia che regola le brigate. Come gestisce la cucina un’autodidatta?

Direi bene. Passando in cucina la maggior parte del mio tempo ci tengo a un buon rapporto con i ragazzi, che per me sono una seconda famiglia. Certo, a volte è necessario ribadire i ruoli, ma voglio lavorare in un clima disteso.

E chi arriva da percorsi tradizionali?

All’inizio è sempre un elemento di tensione, poi tutti piano piano si rilassano.

Quindi nelle cucine ci si complica inutilmente le cose?

Secondo me sì. Raggiungo lo stesso obiettivo pur con un diverso atteggiamento: ho clientela, la gente esce felice, mi dicono che si mangia bene. Anche io preparo la mia linea in cucina, lavoro come tutti. Perchè devo complicare le cose con un atteggiamento che non mi appartiene?

Hai mai ricevuto critiche per qualche sbaglio tecnico in un piatto?

No, per la tecnica no. Non ne ho, ma a forza di prove le cose prendono senso. Sono più io a cercare il confronto con i colleghi.

Ci sono momenti in cui pensi di doverti perfezionare?

Costantemente, non sono mai ferma. Lo stesso accade per l’uscita di un nuovo piatto. Dopo averlo pensato e studiato a lungo, dopo l’approvazione di numerosi assaggiatori, continuo a osservarlo, aggiustarlo anche con piccoli interventi, farlo evolvere. Sono una maniaca della perfezione.

Quando hai capito di essere sulla strada giusta?

Quando ho iniziato ad andare in sala a parlare col cliente, a cercare il conforto. Lì mi sono resa conto di essere riconosciuta come professionista, anche da parte dei colleghi, e questo mi ha dato delle conferme.

Più di aver vinto una puntata di 4 Ristoranti?

Direi di sì, anche se l’aiuto che ci ha dato è innegabile.

Camilla Faccini

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