Cultura e spettacoli - 27 novembre 2023, 10:30

Il melodramma italiano al Filarmonico

Il melodramma italiano al Filarmonico

«Amleto ha avuto una storia avventurosa tanto al suo nascere quanto ai giorni nostri pronto per il debutto nella primavera 2020, perduto con la pandemia e ritrovato solo quest’anno, è un’opera a cui riserviamo cura e affetto particolari. Amleto rappresenta bene la missione “dell’altro volto dell’Arena”, il Teatro Filarmonico, e i mezzi per realizzarlo, con le nostre maestranze, eccellenti artisti e giovani di valore». Così spiegava Cecilia Gasdia, Sovrintendente di Fondazione Arena alla presentazione dello spettacolo di Amleto. Un’opera che è l’ambizioso lavoro di un illustre concittadino – seppur poco conosciuto ai veronesi - e una sorta di “prima”, poiché tornata in scena per la prima volta in Italia dopo oltre 150 anni. Un “unicum” nel panorama musicale, atteso da critici e appassionati, arricchito dal fascino e dalla magia del Teatro Filarmonico.

Dopo l’acclamato debutto di domenica 22 ottobre nel pomeriggio, l’opera è andata in scena anche venerdì 27 in serata e nuovamente il pomeriggio della domenica 29. Amleto, secondo e ultimo melodramma del compositore e direttore veronese Franco Faccio, su libretto di Arrigo Boito, debuttò con successo a Genova nel 1865 e fu unicamente ripreso in una sfortunata messa in scena alla Scala del 1871, occasione in cui poi l’autore ritirò la partitura e si oppose ad ogni successiva richiesta di rappresentare l’opera. Un oblio che durò fino al 2014 quando il direttore statunitense Anthony Barrese ne curò un’edizione per “Ricordi” e l’esecuzione a Baltimora (in concerto) e ad Albuquerque (in forma scenica).

La regia, affidata in questa produzione a Paolo Valerio - direttore del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia e già direttore del Teatro Stabile di Verona fino al 2021- è un ulteriore omaggio al veronese Faccio e ai veronesi stessi e ha portato il pubblico ad un visibile entusiasmo, anche grazie alle performance di alto livello di artisti italiani di prestigio internazionale: dal tormentato principe di Danimarca, in cui si sono alternati i tenori Angelo Villari e Samuele Simoncini, e da Ofelia, affidata ai soprani Gilda Fiume ed Eleonora Bellocci. Il baritono Damiano Salerno ha interpretato il Re Claudio, Marta Torbidoni la Regina Gertrude, il tenore Saverio Fiore Laerte, e quattro i bassi impiegati nell’originale partitura (Francesco Leone come Polonio, Alessandro Abis come Orazio, Davide Procaccini come Marcello, Abramo Rosalen come Spettro).

Una musica coinvolgente ed evocativa, che nel libretto di Boito ha ben impresso l’immaginario di Shakespeare e che entra in connubio con una vera e propria drammaturgia di Faccio, che riesce ad esprimere i sentimenti di pazzia e di solitudine dei protagonisti. Emozioni e immagini che la regia di Valerio portano in scena con forza ed eleganza, per curare e proteggere un piccolo gioiello culturale che Verona merita di riscoprire.

«Uno splendido esempio della varietà e della ricchezza del melodramma italiano» lo aveva definito il direttore, maestro Giuseppe Grazioli, «che fanno di Amleto un’opera difficilmente paragonabile a ciò che esisteva prima e che era forse troppo “bizzarra” per fare da modello per le generazioni successive».    

Alice Martini

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