Pet | 20 aprile 2024, 10:00

Fattori concatenanti crudeli

Fattori concatenanti crudeli

Il 5 febbraio è stata la Giornata nazionale di prevenzione dello spreco alimentare e c’è davvero bisogno di una riflessione a riguardo, visto che in Italia si aggira sui 370 grammi a settimana per nucleo familiare, per un totale di 25,6 milioni di famiglie. Frutta, verdura e pane fresco sono sul podio, mentre carne e pesce rappresentano il 5% dello spreco medio di una famiglia. Lo spreco di carne globale, invece, stando allo studio dell’Università di Leiden (Institute of Environmental Sciences) si conta in 18 miliardi di animali uccisi, quindi circa il 16% della produzione mondiale, dove polli, tacchini, maiali, mucche, capre e pecore vengono uccisi senza mai arrivare in tavola. Un numero che si potrebbe ridurre se venissero applicate le relative efficienze regionali e l'obiettivo di sviluppo sostenibile dell'Onu per evitare inutili sofferenze agli animali. 

Anche in Italia lo spreco alimentare è un problema onnipresente. Andare a ridurre gli scarti della carne, favorendo il benessere degli animali e riducendo gli allevamenti intensivi, deve essere un obiettivo comune, ricordandoci che il 14,5% di tutte le emissioni di gas serra può essere attribuito al bestiame e la carne bovina è il maggior inquinatore. Un'unica soluzione non esiste, perché diverse sono le situazioni a livello mondiale: nei Paesi in via di sviluppo bisognerebbe migliorare le condizioni di vita degli animali, lo stoccaggio e il trasporto della carne, mentre nei Paesi industrializzati sarebbe necessario diffondere consapevolezza cambiando i comportamenti alimentari.

È dunque chiaro che il problema è etico e ambientale, perché lo spreco alimentare è collegato all'allevamento e alla produzione di carne e quando lo spreco si trasforma in carcasse di animali è davvero crudele. Sono diciotto milioni gli animali che vengono macellati e gettati via (il calcolo non considera i pesci nello studio condotto dall'Università di Leiden); inoltre, la carne e i prodotti animali, hanno un'impronta idrica elevata che deriva dalle colture destinate al bestiame e dall'acqua che gli animali devono bere. Lo spreco di fonti idriche dipende soprattutto dal latte, che costituisce oltre l'80% del totale delle perdite. Per quanto riguarda la sofferenza, pensiamo, ad esempio, al pollo broiler, un ibrido dal petto enorme, che spesso muore per l'incapacità di reggersi sulle zampe. Nei fattori concatenati allo spreco e alla sofferenza, oltre ai bassi standard di vita, ricordiamoci quanti focolai di malattie si sono creati e si creano e quanto la biodiversità è costantemente a rischio, visto che le foreste vengono convertite in pascoli e che i predatori degli animali allevati vengono perseguitati.

Le strade possibili sono due: rivedere la nostra alimentazione e avere più consapevolezza di ciò che mangiamo e sprechiamo. Di queste riflessioni potremmo beneficiarne tutti, gli animali in primis.

Ingrid Sommacampagna