Storie di persone | 12 aprile 2024, 10:16

Il cuore oltre gli ostacoli

Il cuore oltre gli ostacoli

Nata a Rivoli Veronese nel 1953 e cresciuta a Verona, Sara Simeoni si è affermata come una vera leggenda dell'atletica leggera, lasciando un'impronta indelebile nel mondo dello sport. La sua abilità straordinaria nel salto in alto è stata consacrata dalla conquista dell'oro Olimpico a Mosca nel 1980, in quella che passò alla storia come Olimpiade “mutilata” a causa del boicottaggio di alcune Nazioni in segno di protesta nei confronti dell'invasione sovietica in Afghanistan.

Sara, com’è nata la passione per lo sport?

La passione per lo sport è nata casualmente perché, quando ero ragazzina non è che ci fosse la possibilità di vedere così spesso lo sport in televisione. Ricordo di aver visto le Olimpiadi di Roma e mi avevano particolarmente appassionata, però pensavo che fosse una cosa così lontana. Poi mentre frequentavo la scuola media, l’insegnante di educazione fisica ha detto alla classe che nella palestra della nostra scuola si allenava una squadra di atletica.

Cosa la spinse ad entrare nella squadra?

Ci avevano chiesto se qualcuna di noi volesse iscriversi, allora abbiamo fatto un gruppetto di compagne e abbiamo deciso di partecipare anche perché era un'occasione per stare insieme al di fuori della scuola. Era una cosa nata per divertimento.

A che punto possiamo dire che l’atletica è poi diventata una vera passione?

Quello che mi ha fatto decidere di fare atletica seriamente è stata la mia prima partecipazione alle Olimpiadi di Monaco, nel 1972. Fu un’esperienza così bella che non volevo finisse lì anche perché, osservando le mie avversarie, mi accorgevo che loro si muovevano e facevano delle cose che io non avevo fatto. Non era una disciplina così precisa come lo è oggi e tanto più per una ragazzina, perché lo sport femminile non veniva preso in considerazione. Volevo provare a vedere se ero capace di competere in modo ancora più serio.

Poi si è trasferita a Formia…

Avevo circa 22 anni e mi erano rimasti quattro esami per concludere l’Isef. Visto che ci sarebbero state le Olimpiadi ho pensato di rimandare gli studi per allenarmi. Mi sono trasferita a Formia perché c’era un centro di preparazione nato per le Olimpiadi di Roma. Era il meglio che avevamo in Italia come impiantistica sportiva. Dopo essermi allenata con costanza e duramente ho vinto il mio primo Campionato Europeo Indoor. Questa vittoria mi ha dato coraggio perché non era stata una scelta facile quella di trasferirmi distante dalla mia famiglia e fermarmi con gli studi.

Prima ha detto che lo sport praticato dalle donne non era considerato. Quali erano le implicazioni di questa disparità?

È stato difficile essere una donna in un ambiente sportivo che di solito è abbastanza maschilista. Tutto era organizzato al maschile e noi ci dovevamo adattare continuamente. Inizialmente facevo più caso a queste differenze perché non ero a mio agio, caratterialmente ero molto timida e mi lasciavo un po’ mettere in soggezione.

Nel 1980 vinse l’oro in quella che passò alla storia come Olimpiade “mutilata”. Che ricordi ha di quell’evento?

Mi aspettavo di vincere perché ero la più forte. Nel 1978 avevo fatto il record del mondo e avevo vinto gli Europei battendo tutte le atlete più forti di quel momento. Io volevo quella medaglia d’oro e basta, volevo fosse mia a tutti i costi. Non è stato facile affrontare quella sfida, soprattutto psicologicamente, ma è andata bene.

Quale ruolo sociale può avere lo sport?

Lo sport è un momento di socializzazione ed è un mezzo importante soprattutto per i più giovani per stare insieme, dedicarsi a qualcosa e capire come raggiungere gli obiettivi. Ci vuole impegno e rigore ma soprattutto rispetto verso sé stessi e gli avversari. Dobbiamo imparare a valutare in maniera imparziale le nostre sconfitte, ad accettare i “no” che ci vengono detti.

Rosa di Cagno