CAMPO CARLO MAGNO (Trento) ha da
poco una nuova bandiera piantata nella neve, accanto al tricolore. È quella
dello Sci Club Bosco, che ai campionati italiani assoluti ha piazzato l'acuto
con la vittoria del titolo nazionale da parte di Pietro Pomari nella 15 km
tecnica classica, categoria Aspiranti.
Pietro, ti
aspettavi questa vittoria?
No, per nulla. La stagione era
partita bene, ma poi ho avuto un calo di forma dopo gli Eyof (European youth
olympic festival, svoltisi in febbraio a Sarajevo, ndr) e non riuscivo più ad
esprimermi come volevo. Ero demoralizzato e l'unica cosa che mi importava era di
finire la stagione.
Come ti sei
avvicinato ai campionati?
Ho cercato di prepararmi al
meglio. Nella staffetta ho sentito subito qualcosa di diverso e non mi capitava
da qualche mese. La notte ho dormito poche ore a causa dell'agitazione e la
mattina dell'individuale ero veramente stanco. All'inizio il ritmo gara era
forte, pensavo che avrei salutato presto le mie speranze. Poi ci sono stati un
rallentamento e qualche intoppo. Alla terzultima salita ho aumentato il passo,
vedendo che gli altri non prendevano l'iniziativa. Alla penultima mi sono messo
in scia ad un avversario, affiancandolo e dando tutto quello che avevo.
Qual è stato il
tuo primo pensiero, una volta tagliato il traguardo?
Ricordo di essere stato molto
confuso. Mi sono messo come al solito di peso sulle racchette e fissavo la
neve. Mi hanno intervistato e sono riuscito a dire solo tre parole che non
ricordo, chiudendo con la frase: «... e sono felice».
E i giorni dopo?
Anche la notte seguente non ho
dormito, avevo continuamente il ricordo della gara in mente. Ho un video della
mia salita finale: penso di averlo riguardato 100 volte, anche al rallentatore.
Dopo questo acuto
cambia qualcosa in te?
Sicuramente la motivazione è
aumentata ancora di più. Prima, ogni tanto, pensavo di non avere i mezzi per
competere con i miei coetanei. Adesso credo di più nelle mie capacità.
Quanto conta la
fortuna nello sport?
Tantissimo. Nello sci, ad
esempio, è importante avere i materiali giusti, sentirsi in un buon periodo di
forma, non cadere e anche trovare il treno giusto.
Con lo studio come
va?
Frequento l'IIs Stefani-Bentegodi
a Buttapietra. Non è facile conciliare, ma ormai ci ho fatto l'abitudine e non
riuscirei a rimanere a casa pensando solo allo studio. Devo anche ammettere però
che gli insegnanti, se sanno che ho la gara alla domenica, evitano di
interrogarmi al lunedì. In questo mi sento aiutato.
Chi ringrazieresti
per questo successo?
Il mio allenatore Carlo Vito
Scandola, col quale mi sentivo quasi tutti i giorni. Ma il merito è di
tantissime persone, dagli allenatori degli anni passati Silvano Dal Ben, Mirco
e Giovanni Pezzo, agli autisti che mi aspettano nei miei molti ritardi. E poi
Gianni Segala, che quest'anno ci ha permesso di allenarci quando mancava la
neve: grazie a lui e allo Ski Team Lessinia abbiamo avuto 1 km di pista di neve
artificiale a Conca dei Parpari per allenarci senza dover andare in un'altra
regione. Ringrazio i miei compagni di squadra e di comitato, con cui mi sono
allenato quotidianamente. E, non per ultimi, i miei genitori, ma pure mio zio
Lino.
Speri in una chiamata
di un corpo sportivo?
A dire il vero ne ho ricevuta
una. Ma non ho avuto ancora conferme in tal senso e finché non è sicuro
preferisco non parlarne.
Cos'è per te la
speranza?
È un sogno che speri si possa
realizzare, anche se non sono sicuro che siano le parole giuste per esprimere
quello che intendo. Per me è poter sciare ad alti livelli e un giorno farlo
diventare un lavoro. Facile dire Mondiali e Olimpiadi: alla fine si punta
sempre in alto, ma vanno tenuti i piedi per terra, continuando a lavorare. In
molti hanno vinto un titolo come me, ma poi non sono arrivati.
Pomari ha iniziato a sciare con il papà a 3 anni. A 6 invece
è entrato nello Sci Club Roverè, che da alcune stagioni si è unito agli altri
club veronesi per formare lo Ski Team Lessinia.