Community | 16 aprile 2024, 17:45

Un progetto per curare le ferite di guerra

Un progetto per curare le ferite di guerra

Nasce in Italia, con il patrocinio dell’Università degli Studi di Verona, il progetto che intende offrire cure a chi, ogni giorno, porta i segni della guerra che, da ormai due anni, si sta consumando in Ucraina. Si tratta del progetto “RigeneraDerma Mission to Kiev”, nato per curare le donne oggetto di violenza e oggi rivolto gratuitamente anche a militari e civili feriti nel corso del conflitto ucraino.

Ideata da Maurizio Busoni, docente delle Università di Barcellona e Camerino, la missione umanitaria si avvale del patrocinio dell’università di Verona con la collaborazione di Andrea Sbarbati, direttore della sezione di Anatomia e istologia, e di Sheila Veronese, ingegnere del dipartimento di Neuroscienze, biomedicina e movimento, di Francesco D'Andrea, docente dell'Università Federico II di Napoli, di Andrzej Ignaciuk, Past Presidente UIME di Varsavia, e di un gruppo di medici ucraini. La metodologia sarà messa a disposizione dei medici ucraini aderenti all’iniziativa che erogheranno le terapie dopo specifica formazione. Referente in Ucraina è Anna Shemetillo, Medical Director Academy of Advanced Aesthetics UA di Kiev. 

«Le ferite di guerra rappresentano da sempre una sfida per la medicina, perché nascono in situazioni difficili e sono poco prevedibili - sottolinea Andrea Sbarbati -. Si potrebbe dire che la medicina è nata per curare le ferite di guerra. E questa sfida non è stata ancora vinta. Nella cicatrice noi abbiamo un esempio di quello che avviene in ogni parte del corpo durante l'invecchiamento, ma in modo acuto. È come se il tessuto invecchiasse nel giro di pochi giorni o mesi».

«Focalizzandosi sulle ferite causate da arma da fuoco o esplosivo - evidenzia Sheila Veronese -, si deve considerare che la ferita è generata da una scottatura termica associata ad una bruciatura chimica. L'effetto termico si esaurisce con il raffreddamento dei tessuti. Gli agenti chimici, invece, continuano ad erodere anche in profondità i tessuti».

«Nonostante la storia dell'umanità sia stata scandita dalle guerre, nessuno si è preoccupato di curare le cicatrici dei feriti sopravvissuti, che sono stati abbandonati a loro stessi. Ad oggi non esiste un protocollo terapeutico convalidato, né una scala di valutazione del danno. Pertanto, siamo partiti dallo studio delle cicatrici di guerra e delle loro conseguenze, sviluppando una scala di valutazione che abbiamo chiamato POWASAS, Patient and Observer WAr Scar Assessment Scale. La scala verrà adottata per tutta la durata del progetto e permetterà inizialmente di determinare la gravità delle lesioni e successivamente di valutare i miglioramenti apportati. Saranno raccolti i dati di tutti i pazienti curati al fine di pubblicare degli studi clinici destinati a ridurre il vuoto informativo nell'ambito della cura delle cicatrici di guerra», conclude Busoni.